Poco prima della pausa estiva ho cominciato a raccontare qualche aspetto del lavorare in proprio e a fornire quelli che sono i miei consigli per mettersi in proprio dopo vent’anni di attività esclusivamente da autonoma e da imprenditrice. L’idea di condividere questa esperienza è nata dal fatto che mi capita di incontrare molte persone di talento che potrebbero gestire un’attività in proprio ma che non hanno il coraggio di rischiare o, ancor peggio, ci hanno provato ma non sta andando bene.
Se quindi un’attività autonoma fa parte della tua idea di vita sostenibile o magari è indispensabile per poter vivere lontano dalle città, questa serie di articoli ti servirà a chiarire un po’ di cose che di solito non vengono dette sul famoso “mettersi in proprio”. Naturalmente, lo voglio sottolineare, se la tua idea di mettersi in proprio prevede l’apertura di un’azienda con grandi strutture, avrai bisogno ben altro che questi consigli… che comunque potrebbero esserti utili per cominciare.
Partiamo quindi dall’inquadramento fiscale del proprio lavoro, ma senza annoiarci e senza ripetere nozioni strettamente fiscali che puoi trovare ovunque. Il mio è più un discorso generale per una scelta saggia su una questione che non è appannaggio esclusivo del commercialista, anzi.
Quando aprire la partita iva per mettersi in proprio
Per me, il “mettersi in proprio” è arrivato più o meno vent’anni fa. Quando sono partita, non ho aperto subito una partita iva e nemmeno ho lavorato con formule bislacche e poco professionali del tipo “ritenuta d’acconto fino a cinquemila euro”. Su quest’ultima ci torno in fondo, per adesso lasciala in sospeso, non ci serve.
Uno degli errori classici che vedo ancora fare a parecchie persone che decidono di mettersi in proprio è quello di aprire subito una partita iva o addirittura una società. Certo, ci sono casi in cui è indispensabile, ma sono una minoranza. Se partecipi a bandi pubblici o ti serve subito l’iscrizione a un albo professionale per poter presentare un preventivo, allora sì, ti serve la partita iva. Così come se stai aprendo un ristorante e devi comprare tutte le attrezzature: sarebbe sciocco non scaricarle. Ma voglio sperare che in questo caso ti starai avvalendo di un consulente d’impresa del settore ristorazione e non ti limiterai a spilluzzicare tra articoli come questo.
Parliamo invece di un caso simile al mio, una persona che lavora in modo indipendente come consulente, oppure di una persona con una produzione artigianale che realizza da sola. Io ho cominciato tanti anni fa con un’attività di consulenza per aziende. Ho passato i primi mesi a propormi ai clienti. Alcuni mi hanno richiamata, ho inviato i primi preventivi e non avevo ancora la partita iva. L’ho aperta, con un regime agevolato del tempo, solo quando è stato il momento di emettere la prima fattura, dopo aver finito il primo lavoro. Si tratta di un comportamento del tutto legale: lo Stato Italiano vuole le tasse su quel che guadagni, non sul futuro che ti immagini.
Per un’artigiana che vende per esempio dei manufatti che crea a casa sua, vale lo stesso discorso. Se i manufatti li vende nelle fiere o li da in conto vendita a dei negozi, sarà altrettanto intelligente aprire la partita iva solo quando dovrà fare il primo incasso. Salvo che deva comprare molto materiale, diciamo sui cinquemila euro di materiale e quindi scaricarlo. Se invece vuole vendere online, la partita iva va aperta da subito, questo è quello che prevede il commercio online, non si può posticipare.
Ma se fornisci consulenze o lavori a un progetto che verrà fatturato tra sei mesi e apri la partita iva subito, come molti… pagherai immediatamente una serie di costi che partono dal commercialista e arrivano all’INPS. Non mi sembra una partenza intelligente. Quindi ricorda: la partita iva o qualunque altra forma fiscale è meglio se la apri al momento di incassare la prima volta, non prima.
Mettersi in proprio e l’apparenza
Ora so cosa mi chiederai: ma cosa ci metto sulla carta intestata se non ho la partita iva? E sui biglietti da visita? Niente. Sorpresa? Ti svelo una cosa che pochi sanno all’inizio del mettersi in proprio: la tua partita iva non interessa a nessuno, non fino al momento di pagarti. Quindi puoi aprirla nel momento in cui qualcuno vuole pagarti, risparmiandoti mesi inutili di costi e tasse.
Sui biglietti da visita metti piuttosto i dati per rintracciarti e una frase chiara su cosa fai o cosa produci. Questo è più importante. Inoltre, a meno che tu non ambisca a clienti novantenni, non ti servono né la carta da lettere né i biglietti da visita. I biglietti da visita sono per Noé.
Fatti un QR Code condivisibile con lo smartphone e quando avrai la partita iva la aggiungerai al tuo code (e così anche quando cambierai indirizzo o numero di telefono… siamo nel 2022, su!).
La partita iva non è rilevante, fino al momento di pagarti non interessa a nessuno. Invece una frase che chiarisca chi sei e cosa fai è molto più importante. Io spesso cancello dei contatti perché ho l’agenda piena e non ho la minima idea di chi sia e cosa faccia il tizio di cui ho acquisito il QR Code ma che non si è premurato di scriverci se è un programmatore, un giornalista o un trapezista del Cirque du Soleil. Il dato più importante sul biglietto da visita / QR code è cosa tu puoi fare per me cliente, non se hai una srl o una snc. Chissenefrega. Se ho bisogno urgente di un programmatore Python cerco nella mia agenda “Python” e augurati di essere tra quelli che hanno intelligentemente elencato i linguaggi che usano.
Mi piacciono le collane, nella mia agenda ci sono almeno una ventina di artigiane di cui non mi ricordo il nome e spesso non saprei rintracciarle sui social. Ma cerco “collane” e mi appaiono tutte.
Nel mettersi in proprio, apparire vuol dire questo: essere trovati da chi ha bisogno di te. Il tuo cliente non ti cercherà mai per numero di partita iva e non gli interessa se l’hai aperta appena prima di fargli una fattura o sei mesi prima. Non importa a nessuno.
Mettersi in proprio e l’apparire, di nuovo
L’apertura della partita iva è comunque la prima cosa che vogliono fare tutti quelli che si licenziano per mettersi in proprio. Io non capisco questa gente che non vede l’ora di pagare tasse a vuoto e che poi passa gli anni successivi a cercare di lavorare in nero. Aprono la partita iva il giorno stesso che gli viene l’idea di vendere astucci di stoffa “cuciti con amore”, quasi che la partita iva fosse uno status symbol o la chiave di accesso al successo immediato. Poi si rendono conto che tutte le “creative” vendono astucci di stoffa cuciti con amore e nessuno li compra, ma intanto devono pagare sei mesi di tasse e INPS. Geniale!
Affrettarsi su questa apertura porta a errori drammatici. Un altro errore classico che può condurre alla rovina, infatti, è scegliere “il regime fiscale in offertona”, io lo chiamo così. Ogni paio d’anni esce un nuovo regime fiscale che promette di essere il più vantaggioso per gli autonomi – e a volte lo è. Ma non lo è per tutti, difficilmente per chi comincia. Per esempio, anni fa promuovevano le Srl per giovani al di sotto dei 35 anni e una quantità di gente si è fiondata su questa Srl che aprivi con un euro. Sì, ok, ma la srl comporta delle spese di gestione notevoli: per esempio, anche se lo Stato te la sta facendo aprire a un euro, il commercialista non ti farà gli stessi regali. Quando ti rendi conto che la redazione obbligatoria di un bilancio annuale ti può costare quanto il tuo stipendio di due mesi, rischi di restarci secca.
Quindi, prima di entusiasmarti per un regime fiscale che tutti dicono essere vantaggioso, usa la matematica. Calcola tutto del tuo lavoro, informandoti bene sui costi effettivi, non sul sentito dire.
Io ho avuto anche una Srl. O meglio, sono stata socia di capitale di una srl che era una start up dell’informatica. Sarò assolutamente onesta: sì, fa molto figo dire “ho una start up”, specialmente se sei una donna di trent’anni e lavori in un settore prevalentemente maschile. Ti fanno un po’ meno mansplaining (ma niente miracoli, succede lo stesso e in più aumentano quelli che fanno i provoloni).
Tutto questo profumo imprenditoriale, però, si traduce in tasse notevoli, a meno che il fatturato non sia molto alto e il tuo commercialista un genio (nel mio caso, al tempo, era così). Il mio consiglio: non aprire mai una srl in Italia se fatturi meno di 100mila l’anno e non hai un commercialista davvero preparato (di come sceglierlo ne parleremo). Non farlo neanche se te la offrono per un euro, che sia lo Stato o il tuo commercialista che ha un cliente che te la cederebbe proprio per poco, evitandoti le spese di apertura ed evitandosi lui quelle di chiusura (questa è spesso un’offerta truffaldina di certi commercialisti squali, quindi occhio!). Vale la stessa cosa per la Srls: ok, non devi versare il capitale iniziale ma tutti gli altri costi e le tasse fisse non sono in omaggio, l’hai valutato?
Regola fondamentale: la Srl si apre quando stai fatturando così tanto che la p.iva o una forma societaria intermedia ti farebbe pagare troppe tasse. Altrimenti rischi di finire come alcuni che aprono la srl che fa tanto figo o quell’anno è in offerta a un euro… e poi si fanno passare un millino al mese dai genitori per sopravvivere! Pietà! Prima di partire in quarta con “imprenditore con Srl” o “ho una start up, una società…” ecc. valuta che per lavorare con altri soci esistono diverse forme a partire dalle più economiche SNC all’associazione tra professionisti o studio professionale associato, fino alle cooperative.
La matematica è sempre la tua migliore amica
Un altro esempio classico di errore, più recente, è quello del regime forfettario. Ora, se tu sei una consulente, una professionista sanitaria, una giornalista ecc. che ha già tutto l’occorrente per la sua professione e non guadagna più di 65mila all’anno, questo regime è ottimo e ti sgrava in parte anche della maledetta INPS (che tanto non ti ridarà indietro nemmeno la metà di quello che le paghi). Ma in realtà è vantaggioso solo sui 30-35mila l’anno, prima e dopo è una chiavica ma questo è un discorso da fare con un bravo commercialista. Diciamo che il forfettario conviene per chi sta già facendo il consulente e non ha grandi costi di mezzi e strutture.
Però. Se tu sei all’inizio e devi affittare lo studio in cui ricevi, comprare il computer, la stampante, lo smartphone, pagare le utenze, mangiare fuori, muoverti in auto, fare trasferte in treno o aereo: il forfettario sarà una scelta stupida. Perché finisci a pagare più tasse di quelle che pagheresti con un regime normale, scaricando tutti questi costi e molti altri. La sto ovviamente semplificando, ma la questione è proprio questa: bisogna ragionare sulle proprie entrate e uscite effettive, su costi dei materiali, delle strutture e sulle tasse che si andranno a pagare in ogni singolo caso. Non su quello che dice il tuo amico o il guru del fisco su Instagram.
Il cambiamento è tuo amico
Ricordati sempre che i tempi cambiano, i regimi fiscali cambiano. Un commerciante o un artigiano potrebbero avere dei vantaggi oggi in una semplice partita iva, ma essere più avvantaggiati domani da un’altra forma societaria o costituendo una cooperativa. Il fisco non è un’entità monolitica: preparati a cambiare e a non appantofolarti su quell’unico regime che il tuo commercialista vecchione di paese ha detto che è l’unico possibile. Preparati a cambiare con l’evolversi del tuo lavoro, di quello che hai bisogno, di quel che fatturi e del sistema fiscale del tuo paese.
Datti un appuntamento almeno annuale per passare una giornata a verificare se ci sono novità, sgravi, incentivi o qualunque altra novità che potrebbe esserti utile. Curarsi di questo aspetto nel mettersi in proprio è fondamentale, anche se si è dei creativi con la testa tra le nuvole.
Altre domande balzane che mi capita di sentire sul mettersi in proprio
Come sarebbe che non devo aprire finché non fatturo?! Ma l’INPS?! Non perdo dei mesi preziosi?
Allora, se proprio ti angoscia questo aspetto, puoi pagare per qualche mese i contributi volontari, basta che chiedi alla tua sede INPS e saranno felicissimi di prendere i tuoi soldi mentre non produci niente. Contenta tu… Personalmente, trovo che l’INPS possa essere un sistema accettabile solo per i dipendenti e le centinaia di migliaia che la usano per essere mantenuti a vario titolo. Per tutti gli altri è un buttar via i soldi. Per me che sono autonoma si tratta di una scelta anti-economica (di cosa fare in alternativa ne parleremo meglio in un prossimo post) e ha un grande peso nella mia scelta del regime fiscale. Prima di cambiare, controllo sempre quanto devo farmi salassare dall’INPS perché può incidere parecchio.
Ma è vero che finché non ho guadagnato 5mila euro non devo fatturare niente?
Questa è una corbelleria idiota di qualche “creativa” fantasiosa. Allora, se tu fai le presine all’uncinetto e le vendi una volta l’anno alla fiera del paese non stai lavorando, quindi lo Stato fino a 5000 euro di presine all’uncinetto non vuole altre tasse (salvo che tu sia anche un lavoratore dipendente: in quel caso li devi dichiarare, anche se sono solo 10 euro – voce “Altri guadagni” sulla dichiarazione dei redditi).
Se invece stai entrando nel mondo imprenditoriale e pensi di non guadagnare più di cinquemila euro in un anno… Non so che dirti. Vuoi fare impresa con 416 euro di fatturato al mese?! Tesoro (ti sto mettendo una mano sulla spalla con affetto), tu per avere un’entrata pulita di almeno 1500 euro al mese, devi fatturarne 2400 al mese, preferibilmente al netto delle spese. Capisci ora quanto è folle un progetto che non preveda nemmeno 5mila di fatturato nel primo anno?! Si tratta di un’impresa fallimentare.
Non ultimo, se la domanda è “ma se fino a 5mila non fatturo perché vedo solo come va – e dopo i 5mila apro la partita iva“, la risposta è che primo pagherai molte più tasse sui precedenti cinquemila (in quanto altri guadagni esterni alla partita iva). Secondo, non hai la stoffa dell’imprenditore se questo è il tuo progetto, credimi. Lascia perdere, continua come hobby. In ogni caso, se hai la partita iva ma non riesci a fatturare più di 5mila in un anno, l’Agenzia delle Entrate ti rimborserà l’Irpef e qualcos’altro. Ma direi che se stai ragionando su queste piccole cifre, non è davvero il caso di cominciare.
Nota: “non fatturare” non vuol dire non dichiarare. Lo Stato fino a 5mila euro di attività hobbistica non ti carica l’iva e le tasse ma la ricevuta devi farla. Quando arrivi a 5mila di ricevute, devi passare alla p.iva e comunque quelle 5mila andranno dichiarate.
Non ci dici niente sul nome dell’attività? Meglio essere originali o seri quando si registra la partita iva?
Parlerò di questo aspetto in particolare in uno degli ultimi post sul mettersi in proprio perché è collegato a un’altra parte importante. E proprio perché l’apertura della posizione fiscale non è una cosa da fare subito di corsa e con un nome a tua fantasia (a meno che tu sia il genio del marketing e allora saprai già che devi andare a farti consigliare dal migliore addetto ai lavori).
E ora, spazio per le tue domande. Ma prima non dimenticarti di: condividere l’articolo con chi può essere interessato a questo argomento, attraverso email o social. Io mi impegno a creare contenuti di valore per te, tu puoi aiutarmi a farli circolare. Più circolano, più ha senso, per me, continuare a condividere. Altrimenti, come scriveva il buon Cesare Pavese a Giulio Einaudi, a proposito dell’ennesimo lavoro pro bono “C’è una vita da vivere, ci sono delle biciclette da inforcare, marciapiedi da passeggiare e tramonti da godere.”. Condividere è gratis e produce molto, non impoverisce chi lo fa e arricchisce chi riceve.
Tutte le puntate dei miei consigli per chi sogna o ha deciso di mettersi in proprio:
0 – Il requisito fondamentale per fare impresa
1 – La matematica e il regime fiscale [l’articolo che stai leggendo ora]
2 – I servizi fondamentali
3 – Il primo anno
4 – La pianificazione
5 – Gli accantonamenti
6 – I due budget fondamentali dall’inizio
7 – I due investimenti fondamentali dall’inizio
8 – Chi può fregarsene della promozione
9 – Il nome e logo giusti
10 – La cosa molto importante che non puoi rimandare
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Foto Credit: Photo by Annie Spratt on Unsplash
2 Commenti
Grazia sei una benedizione, come sempre! Articolo utilissimo… come sai partiremo a gennaio con la nuova attività e infatti avevamo pensato di aprire la partita iva come prima cosa! Invece leggendo questo post scopro che siamo proprio tra quelli che potrebbero aprirla al momento di fatturare e non mesi prima. Scusa la domanda sfacciata… saresti disponibile per farci una consulenza personalizzata? 😃
Cara Federica, sono felice di esserti stata utile!
Per la consulenza, certo che posso ma vediamo prima se la tua attività rientra nelle mie competenze, se è simile alle attività che ho condotto io. In caso non lo fosse, ti posso magari indicare qualche altro esperto nel tuo settore. Mandami un’email 🙂