Emanuela Abadie, ricordo di un cuore selvatico

Cara Manù, chissà dove sei ora. Pochi anni fa hai seguito il tuo Renato, starete ballando insieme? Io vi penso così. Dove sarete ora? Me lo chiedo sempre in questo periodo, quando ricominciano le fiere e i mercatini all’aperto, “chissà se qui Manù viene” e quasi te lo scrivo, dimenticandomi che sei in un’altra dimensione.
Ormai,  il sentirci prima dell’estate, era un’abitudine: guardare dove vi avrebbe portato il vento con le vostre idee e i vostri discorsi saggi, dove ci saremmo parlati di persona invece che via email. Dove avreste ballato sotto la pioggia, gli unici che danzavano dopo aver smontato in fretta il banco per un temporale estivo! Quei mercatini amati e poi discussi, perché erano diventati sempre più commerciali, pieni di cineserie e oggetti privi di poesia.
Mi avevi promesso che un giorno avresti fatto una borsa dipinta su tessuto, solo per me. Guardavo rapita i tuoi colori e non mi avvicinavo perché quel cuoio mi ricordava l’animale che era stato. “Manù, non puoi passare a qualcos’altro, non so, ecopelle?”. Serena, a volte ridendo, mi rispiegavi per l’ennesima volta il peso ambientale di quella plastica chiamata “ecopelle” e la concia ecologica ad acqua del cuoio che usavi tu. Io rispiegavo che quello era stato un animale, non ce la potevo fare, e andavamo avanti a parlarne per un po’. Ci avevi messo otto anni di scuole e apprendistato per imparare quell’arte. In ogni sfumatura c’era la tua vita e quella di Renato in mezzo ai boschi del Piemonte. 

“Un giorno te ne faccio una di stoffa solo per te”, mi avevi scritto. Poi invece si è ammalato Renato e tu non sei riuscita a danzare da sola, te ne sei andata quasi in silenzio, in modo così delicato che quasi non sembra vero, non ancora. Ci sono volte in cui mi viene da scriverti d’impulso e devo ricordarmi che non sei più lì tra i boschi. Chissà se lì dove sei adesso mi senti e se puoi leggere queste righe. 

Volevo raccontarti che poi mi sono ricordata dove c’eravamo viste prima, il nostro dubbio per anni, tanto che a un certo punto ridevamo dicendo che c’eravamo conosciute in un’altra vita. Invece no Manù, c’eravamo davvero incontrate prima e l’ho capito solo un paio di anni fa. A Milano, sono passata con un’amica in una via in cui non passavo forse dai tempi del liceo. Guardando dal finestrino mi sono trovata a dire: qui una volta c’era un bellissimo negozio di libri d’arte e là c’era una bottega di… Mi sono fermata. C’era una bottega di lavorazione del cuoio, dove facevano borse su misura. Mia madre mi aveva fatto realizzare una borsa che avevo visto in Inghilterra, al tempo si chiamava “postman bag”. La desideravo da tanto, ma in Italia non si trovava, così feci un disegno e mia madre lo portò in quella bottega. Adoravo quella borsa e al tempo avevo solo un’idea vaga dell’origine del cuoio, non c’era così tanta informazione come oggi. Il cuoio era addirittura considerato ecologico.

Un giorno a quella borsa tanto amata si ruppe un gancio. La riportai nella bottega per farla riparare, ma il ragazzo al banco mi disse in modo scorbutico che non facevano riparazioni, avevano troppi ordini da evadere. Mi spiegò che era anche inutile che ripassassi, non avevano proprio tempo per le riparazioni. Mi infuriai perché era stata attesa molto e costata parecchio, sarebbe dovuta durare anni e ora era inservibile. Mi ripetè che non facevano riparazioni, neanche delle borse fatte da loro. Fu in quel momento, Manù, che tu uscisti dal retro dicendo che andavi a fumarti una sigaretta. Io insistetti ancora un po’ con lo scorbutico e poi uscii adirata. Mentre varcavo la soglia, mi chiamasti, restando appoggiata al muro di fianco al negozio, facendo segno di avvicinarmi. Sollevasti la borsa con una mano, tendendo nell’altra una – uhm… non proprio una sigaretta! Così, in pieno centro, con noncuranza. Alzando lo sguardo con uno dei tuoi grandi sorrisi, mi indicasti un calzolaio due vie più in là che era capace di ripararla, quella l’avevi proprio fatta tu. “Questo è un po’ …” mi dicesti, indicando la bottega e battendoti il dito sulla tempia. Ridemmo, poi andai dove mi avevi indicato. 
Manù, è bastato solo un secondo davanti a quella bottega che non c’è più e mi è tornato alla mente tutto! Avrei voluto telefonarti subito per dirtelo, eri tu! Ecco qual era stato l’incontro fugace in mezzo a due milioni di persone. Ci saremmo conosciute davvero solo molti anni dopo, chiedendoci dove ci eravamo già viste.

Vorrei poterti scrivere per raccontarti che io ce l’avevo già avuta una delle tue borse. Non bella come le tue vere, quelle che hai fatto da artista, quelle che parlavano di boschi e foglie e colori. Ne ho avuta una molto più anonima, ma fatta da te, sì. Vorrei raccontarti di quanti complimenti ho ricevuto per quella tua borsa, di quanto ha aspettato mia sorella perché non la usassi più e potesse prenderla lei, di mia madre che era tornata per farne realizzare una anche per lei e le avevano risposto che non ne facevano più su disegno, poteva comprare solo quelle esposte. Forse eri già andata via aprendo la tua bottega, forse da soli non erano più capaci di andare oltre a due modelli semplici. Vorrei raccontarti e ridere con te dell’artigiano che finì per chiudere quel negozio a forza di dire di no ai tanti clienti. Ti vorrei raccontare di quanti libri e sogni ha trasportato quella borsa, dal liceo all’università, mentre tu stavi già pensando di lasciare Milano. 
Spero che da qualche parte, Manù, ne starai ridendo con me, adesso che te l’ho raccontato. Ho da dirti anche un’altra cosa. “Scappo dalla città“, il libro per cui ti avevo intervistata, è arrivato alla quarta edizione, a cui sto lavorando con nuove interviste, nuove ispirazioni, dieci anni in più di esperienza dalla prima edizione. Ah, Manù cara, il nostro libro era per chi aveva bisogno di ascoltarti. In tutte le edizioni, ci sei stata tu con le tue preziose parole a chiudere il libro e ci sarai anche questa volta, perché non ci sono parole più ispiranti delle tue per chi vuole cambiare vita.
Sarà la prima edizione che non terrai in mano, ma continuerai a essere la carezza gentile per i cuori in cambiamento.

La storia di Manù

La storia di Manù, di cui riporto un estratto qui di seguito, è apparsa nella prima edizione e le successive di Scappo dalla città. Manuale pratico di downshifting, decrescita e autoproduzione. Nella sua versione integrale, ben più lunga, chiuderà la nuova edizione in arrivo. (Non comprate quella vecchia, inutilmente costosta e non più aggiornata nella parte pratica). Queste parole di Manù però hanno risuonato in molte persone e mi è sembrato il momento giusto per ricordarla anche su questo sito, con la sua voce. Siamo quasi all’inizio dell’estate, vorrei chiedere a Manù e Renato dov’è che ci vedremo. 

Provengo dalla città-simbolo delle metropoli italiane… non ci sono nata perché, bizzarria del destino, sono nata e cresciuta fino all’età scolastica in Sudamerica, tutt’altro clima ma sempre in una grossa città, dove a dir la verità sono cresciuta stando spesso davanti alla televisione”americana” fin dai primi anni sessanta… il mio mito: Superman!

Arrivata a Milano mentre l’umanità conquistava la Luna, sono stata impressionata molto dai nascenti moti di ribellione e dalla vigliacca morte del Che, e fin dai primi anni settanta ricamavo fiori sui miei bluejeans e saltellavo con gli internazionalisti in piazza Duomo… In una Milano inquieta e ribelle ho superato (con un po’ di cicatrici ma indenne) gli anni settanta tra battaglie ed esperienze psichedeliche […]

Dagli anni ottanta ho cominciato l’apprendistato artigianale cercando un mestiere che mi lasciasse una certa autonomia e mi appagasse creativamente. Anche dopo avere sperimentato altri percorsi più “metropolitani”, come la città-da-bere poteva offrire, sono tornata all’artigianato negli anni novanta per non lasciarlo più.
Tema portante della mia vita è stata la convivenza con gli animali, particolarmente gatti, ma dal 1995 ho adottato un cane lupo che è stato poi il traino forte per la mia definitiva scelta di selvaticità. Nello stesso periodo ho aperto una piccola bottega dove producevo oggetti di cuio con grande entusiasmo. Giorno dopo giorno, guardando fuori dalla vetrina il muro grigio della casa di fronte, aspettando fiduciosa gli acquirenti che ho invece dovuto, dopo poco, cominciare a cercare attivamente partecipando così ai miei primi mercatini artigianali.
E più frequentavo altri posti più mi rendevo conto, al ritorno, di quanto mi stava soffocando la città, finché nel 1997 ho chiuso bottega e ho trasferito tutto in Liguria contando solo su di me e sul mio lavoro. Non conoscevo ancora Renato ed ero sola.

[…]

… dai cassetti della memoria emergono immagini, a volte solo impressioni, squarci di luce su sfondi bianco e nero, angoli e prospettive cittadini, atmosfera liquefatta che sfuma i contorni, che rifrange luci, odori, rumori. Frastuono.

Era una vita fa, un’altra vita? Ma io ero già selvatica. Anima dissenziente. Gli ultimi tempi in città erano divisi tra casa, bottega e giardinetti con Billi. Sempre più giardinetti. Sempre più sentirmi estranea a questo scorrere affannoso del tempo, a questa non-terra, non-aria, non-acqua, a questa non comunità. Sempre più parchi, isole nell’asfalto, terra sotto le scarpe, visitando alberi fieri e tristi, ascoltando microcosmi selvatici raccontare di un altro mondo possibile, di una vita vivibile, (colorata, profumata, ventosa) aiuole-oasi dove ho perfezionato il desiderio, progettato la fuga, negli intervalli del lavoro.

Bisogno di Terra sotto i piedi, bisogno di Alberi, di orizzonte. Bisogno di un ambiente in cui identificarmi.

Bisogno di Silenzio. Bisogno di punti cardinali per stabilire la mia posizione sulla Terra.

Cercare un’altra Tribù di appartenenza.

 

Manù trovò un giorno la sua Tribù di appartenenza – e lì trovò anche Renato! – tra il popolo degli Elfi di Avalon, uno degli ecovillaggi più conosciuti che al tempo era una comune. Scelsero in seguito di vivere da soli con i loro animali, in autosufficienza, pur restando sempre legati ad Avalon. Questo però lo lasceremo raccontare a lei negli spazi più intimi e generosi del libro nel quale aveva deciso di condividere la sua storia. 

 

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Ciao Avambardo

9 Commenti

Elena Giugno 14, 2021 - 8:44 am
Che bella persona! Mi sono commossa… Avevo letto la sua storia su Scappo dalla città e poi mi ero ripromessa di cercarla nei mercatini. Non sapevo che fosse scomparsa… spero anche io che ora stia danzando sotto la pioggia con il suo Renato! Mi sarebbe piaciuto così tanto conoscerli…
GRAZIA CACCIOLA Giugno 14, 2021 - 4:57 pm
Ti sarebbero piaciuti molto, Elena! Hanno lasciato comunque le loro parole, che spero continueranno ad essere d'ispirazione per molti, per questo ci tengo a condividerle.
Federica Giugno 14, 2021 - 8:48 am
Mi sento molto vicina alle parole di Manù. Ha dato voce a quello che provo quando scappo fuori dall’ufficio per farmi la mia pausa da sola nel parco!
GRAZIA CACCIOLA Giugno 14, 2021 - 4:58 pm
Se stai già andando spontaneamente verso gli alberi, come insegna Manù si è svegliato il lato selvatico... ora resta solo da nutrirlo. Un grande abbraccio, Federica
cri Giugno 14, 2021 - 9:13 am
Che persone preziose sono queste capaci di donarti la serenità anche solo leggendo qualche riga di un'intervista.
GRAZIA CACCIOLA Giugno 14, 2021 - 5:02 pm
Pensa, Cristina, che quando hanno scritto queste parole, erano stati brutalmente sfrattati da un giorno all'altro. Tra cani e gatti, attività di Manù che occupava un bel po' di posto e non parliamo dei libri di Renato... non sapevano proprio dove sarebbero finiti. In più il dispiacere per un posto che avevano rimesso a nuovo sulla parola che ci sarebbero potuti restare finché volevano. Eppure erano tranquilli, ormai avevano attraversato così tante tempeste che sapevano già che avrebbero archiviato anche questa. Manù e Renato insegnano, sopratutto, a buttarsi nella vita che si desidera, senza aspettare. Un grande abbraccio!
Cristina Giugno 22, 2021 - 2:34 pm
Quanto mancano Manù e Renato. Per pigrizia non li ho incontrati di persona ma leggevo avidamente ogni riga da loro scritta. Quando comprai il tuo libro fu una piacevole sorpresa ritrovarli li, tra le pagine, e vedere che c'era un legame tra le cose che sceglievo.
Silvia Giugno 14, 2021 - 12:33 pm
...tanto, tantissimo cuore in questa vita, e sono certa anche, se non di più, nelle prossime...spero di incontrarla
GRAZIA CACCIOLA Giugno 14, 2021 - 5:03 pm
uno splendido augurio, Silvia! Ti abbraccio forte
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