Capita a tutti nella vita. Qualcuno ci dice qualcosa di davvero sgradevole o fa qualcosa di decisamente offensivo, ma non ci viene al volo la risposta giusta. Nei giorni successivi ci vengono in mente almeno cinque belle risposte sagaci, nella nostra mente diventiamo meglio di Mentana che blasta gli utenti Facebook. Capita anche a voi? Sì, capita a tutti. Ma c’è una risposta giusta quando ti offendono, una risposta che vale per chiunque, in qualunque occasione. La risposta giusta quando ti offendono.
Chiedevo, capita anche a voi di offendervi per un’uscita poco felice di un collega, un superiore o un conoscente? A me è capitato proprio questa settimana.
Pochi giorni fa mi sono ritrovata in una situazione che non affrontavo da molto tempo: offendermi. Improvvisamente, anni di meditazione, autovalutazione, crescita, pratica del distacco, gestione dell’ego e resilienza all’arroganza saccente dei tempi correnti non hanno avuto effetto. La risposta giusta per quando ti offendono l’ho usata subito involontariamente per caso, perché in realtà l’ho ritrovata dopo un paio di giorni.
Il momento in cui capisci di aver bisogno la risposta giusta, quando ti offendono
I fatti. Una persona con cui ho già lavorato e con cui stavo per cominciare un nuovo progetto, che chiameremo Signor Utonto, deve presentare un nuovo prodotto sostenibile. Il prodotto lo chiameremo “mietitrice a idrogeno” (le mietitrici a idrogeno non esistono ancora, così ci togliamo dalle ipotesi su chi sia il Signor Utonto). Il Signor Utonto, che nella sua azienda di famiglia si occupa anche della comunicazione dei prodotti senza averne le competenze, mi ha dato una risposta secca. Il significato era questo: “Secondo me il tuo lavoro non basta, voglio inserire questa tizia che ha molto seguito”. Mi aspettavo di collaborare con qualche grande esperto del Green Marketing o della Carbon Neutrality, ottimi scambi e crescita lavorativa per entrambi, non vedevo l’ora di cominciare. Invece no.
La tizia in questione, che chiameremo Miss Gnòla, non è una content strategist o un ingegnere competente nel settore complesso in cui lavoro da tanti anni. Si tratta invece di una praticante dei social che si auto-definisce influencer. Miss Gnòla si è ingraziata il nostro cliente Signor Utonto, facendogli credere che lei sia la migliore esperta di condivisione online dei suoi prodotti, dato che ha un account su Instagram. Al signor Utonto l’aver trovato Miss Gnòla pare una cosa fighissima e la soluzione migliore per la visibilità dei suoi prodotti.
In pratica, ci troviamo in una di quelle puntate di “Cucine da incubo” in cui un ristoratore al collasso spiega a Cannavacciuolo perché lui cucina benissimo e semmai è lo chef Cannavacciuolo che non capisce niente di cucina. Cannavacciuolo prende migliaia di meritati euro per ascoltare questi improvvisati, mentre io l’ho dovuto sentire gratis.
Hai davvero bisogno di una risposta giusta quando ti offendono o magari te lo immagini tu e non volevano offenderti?
Voi che non lavorate nel settore Green, direte giustamente “Beh ma dalle una possibilità a Miss Gnòla, casi come la Ferragni hanno fatto la fortuna di marchi…”. No. La Ferragni è una brava imprenditrice che per cinque minuti è anche influencer e con ben altri numeri rispetto a Miss Gnòla. Tra l’altro la Ferragni opera in un settore ad anni luce dal mio e dal Signor Utonto. Nel Green, dobbiamo far diventare popolari dei prodotti sostenibili che sostituiscono quelli più inquinanti, che siano una mietitrice a idrogeno o un contratto di fornitura elettrica da rinnovabili. Bisogna convincere le persone a pagare di più per inquinare di meno, un lavoraccio ma vale la pena farlo.
Ora, secondo il Signor Utonto, questo lavoro dovrei farlo con Miss Gnòla che non è assolutamente la Ferragni del settore Green, è solo una persona con un numero basso di follower in un macrosettore in cui, per essere definiti influencer, ci vogliono almeno 50-70mila follower reali e un’authority indiscussa, ovvero un’alta credibilità. Mentre Miss Gnòla viaggia sui ventimila follower, in parte finti (eh sì, noi al contrario di Signor Utonto abbiamo gli strumenti per verificarlo). Ma questa è solo una delle cinquatamila cose che Signor Utonto ignora.
Non voglio snocciolare qui i tecnicismi: sono noiosi per chi li sa già e irrilevanti per chi non ci lavora. Il fatto è che, nonostante gli ottimi risultati che la sua azienda ha ottenuto finora con il nostro lavoro professionale, lui ritiene che Miss Gnòla con il suo account Instagram possa fare molto meglio. Abbiamo già Cannavacciuolo? Per andare meglio affianchiamogli il signor Michele che ha aperto stamattina la trattoria “Da Gennaro by Miky e Katia”.
La cosa mi ha creato dei problemi con la filosofia zen del distacco, ovvero mi ha fatta ribollire, fumare dalle orecchie, visualizzare una katana con cui infilzavo il Signor Utonto e Miss Gnòla con un abile colpo da samurai. In più mi adiravo contemporaneamente perché qualcuno era riuscito a farmi offendere dopo tutti i miei annali sforzi per distaccarmi, insomma un caos emozionale, come avere in testa un nido di vespe ubriache.
Non ci sono dubbi: hai bisogno la risposta giusta quando ti offendono
Non bastasse, Miss Gnòla è proprio gnòla nel vero senso bolognese del termine, ovvero una lagna lagnosa lagnosissima, ed è anche molto partenopea: chiagni e fotti. Intanto che gnòla con il suo pubblico, sta ottenendo qualcosa. Miss Gnòla ha un’unica trama nei testi senza costrutto che rifila ai follower e che chiama storytelling: nella sua vita tutto è un dramma. Un dramma per colpa di altri ma lei riemergerà sempre vittoriosa grazie alle sue forze, grazie al suo perseverare e alle “piccole cose spontanee” che osserva ogni giorno con infinita gratitudine. Piccole cose semplici tipo questi cinque petali di margherita di plastica, sparsi casualmente di fianco alla fetta di torta su cui lei, da un perfetto sfondo sfocato, versa un delicato filo di sciroppo di acero, triangolati perfettamente con il canovaccio rustico stropicciato, tre focali, una Canon professionale, la Hasselblad di Armstrong, il set di luci di Lawrence Sher e sei ore di Photoshop.
Uccidetemi, vi prego, datemelo questo colpo finale e chiudiamola qui. Gnòla conosce solo il racconto della sua disperazione da cui riemerge tra mille like, quindi come accidenti può lavorare alla valorizzazione di un prodotto che non sia sé stessa? Non può. Ma il Signor Utonto ignora anche questo, il signor Utonto vede solo il numero di follower che a lui sembra altissimo, enorme, Miss Gnòla dev’essere per forza un genio del social marketing.
Quando all’offesa si somma lo sdegno e inizi a ribollire
Ma torniamo ad alcuni giorni fa. Il Signor Utonto, profondamente competente sul suo prodotto ma non sulla comunicazione, ha espresso lapidariamente le sue ragioni sull’infilare Miss Gnòla nel progetto, con una delle tre frasi archetipiche che ammazzano il professionista: “perché oggi bisogna fare rete”.
“Bisogna fare rete”. Ma veramente?! Perché, pensa, noi abbiamo scritto “Comunicazione digitale” sulla porta, ma fino a oggi facevamo le pizze. Ah non si fa così?! Un attimo, mi scusi… Ragazziiii… spegnete il forno, bisogna fare rete! E ringraziate il Signor Utonto qui che ce l’ha detto, se non era per lui… Grazie signore, grazie! Adesso inviti anche il fornaio a fare il pane e il parrucchiere a tagliare i capelli, lei può rivoluzionare il mondo Signor Utonto!
Ma non è che io ho capito male? Lui ha scritto “fare rete”. Per un attimo ho visto uno spiraglio di possibilità: magari Miss Gnòla è una maga del filet all’uncinetto e io ho travisato, deve farmi vedere come fare quella rete, non la rete con cui lavoro di solito. Ma no.
Con le orecchie fumanti e la maschera dello sdegno, offesa nell’onore professionale, dovevo allora trovare questa benedetta risposta giusta. Avevo bisogno subito una risposta piccata ma sagace, superiore ma buttata lì, un colpo di fioretto che avrebbe ricordato al Signor Utonto quanto era stato ignorante e arrogante, quanto avrebbe rimpianto i miei risultati, dato che lo lasciavo nelle mani di Miss Gnòla. Volevo un finale drammatico alla Via col vento, volevo essere Rett che finalmente manda a quel paese quella narcisista arrogante di Rossella, la mia professionalità non si svende!
Cosa NON bisogna fare per trovare una risposta giusta quando ti offendono
Invece la prima cosa che ho fatto è stata sbagliatissima, anche se non irreparabile. Ho cercato una cassa di risonanza per il mio sdegno, cosa terribile perché invece di calmarmi, mi sono ulteriormente caricata. Ricevuta l’email, ribollendo di indignazione, ho marciato furente fuori dallo studio, ho fatto abbastanza baccano perché il mio compagno uscisse dal suo per vedere cosa succedesse e mi domandasse per forza una spiegazione, allibito.
“Cos’è successo?!”, chiede guardingo, temendo che ce l’abbia con lui. “Ah non te lo immagini cosa è successo, questa è veramente bella! Questa la devi proprio sentire!”. Mi sono sfogata mezz’ora per questo schiaffo alla me professionista, cosa che ha fatto inalberare anche lui che è intervenuto con i suggerimenti di gestione del cliente tipici dei programmatori, tra i quali l’unico riferibile qui è “ma mandalo a *****” (c’è un motivo se i programmatori non li facciamo parlare mai con i clienti, è che hanno questi modini delicati di dire cosa pensano).
Al che, io mi sono infervorata ancora di più su questo affronto e progetto perduto, con tutte le altre spigolature di offesa che ci aveva intanto visto lui. Il progetto ovviamente non lo farò, ma mi secca parecchio aver già fatto un pezzettone di progettazione prima che entrasse in gioco Miss Gnòla. Ora è probabile che, se io lascio, faranno fare tutto a lei. Ah-ah! Chissà che risultati, chissà che “rete”, giusto all’uncinetto la può fare!
Il mio compagno di sdegno è partito con i suggerimenti. “Scrivigli questo! No, ecco, scrivigli così!”, “No, senti questa, gli rispondo così: Caro signor Utonto, Lei è troppo gentile. Io non credo di essere al livello di Miss Gnòla, le rovinerei il lavoro. Mi consideri fuori dal progetto e le faccio i migliori auguri di riuscita.”
“No no, non capisce il sarcasmo e capace che dice a un altro cliente che mi sono tirata indietro perchè Miss Gnòla mi intimoriva. Ci manca solo questa!”
“Ecco, ho trovato! Senti questa! Caro signor Utonto, io lavoro con internet dal 1997, ho visto nascere le prime reti, ho sviluppato progetti per alcune delle maggiori società [segue un pippone di tre chilometri su cosa ho fatto e quanto sono brava]”. “Sì, sì scrivigli così, asfaltalo!” “No, non va bene… Lei non sa chi sono io è la comunicazione di Miss Gnòla e dei boomer, non la mia…”
“Allora senti questa: Caro Signor Utonto, potrei capire se si trattasse di collaborare con altri professionisti. Ma, rischiando di farle una consulenza gratuita, la informo che la sua influencer è solo una gnòla con una macchina fotografica. Un’influencer infatti è tale quando è in grado di spostare un segmento consistente di consumatori su un prodotto e di ripetere l’operazione più volte con diversi prodotti. Se invece ha solo dei follower, non ...” “No, non va bene neanche questa. Non scadiamo nella consulenza gratuita e nell’insulto inutile! Miss Gnòla è in buona fede, così come Signor Utonto.”. Credo, almeno.
La risposta giusta quando ti offendono non viene dall’inconscio
Alla fine ho speso un pomeriggio a lavorare ribollendo per la questione senza averla risolta, poi ho finto di disinteressarmi della cosa e sono andata a dormire, decidendo che per due giorni non avrei risposto, due giorni di sedimentazione della faccenda prima di scrivere una risposta ferma ed educata.
Ma l’inconscio non lo freghi. Questa cosa di vedermi imporre l’ultima improvvisata come migliore, mi aveva scottata parecchio. Di conseguenza, mi sono svegliata tre volte grazie alle elaborazioni del mio inconscio, a cui ho dato le sembianze del Joker. (Mi preme specificare che il mio subconscio non è maschile ma LGBT+ ed è rappresentato equamente in tutti i generi; quando mi adiro ferocemente esce Joker, maschio volgare e cinico). Il Joker, non io, ha partorito queste vette di alta comunicazione con il cliente e mi ha svegliata di colpo, in modo che le ricordassi bene. Con mio estremo disappunto per la sveglia non richiesta.
Ore 01.15
Signor Utonto, accolgo la sua proposta di fare rete con Miss Gnòla con il medesimo entusiasmo con cui Lei accoglierà la mia proprosta di andare a fare tante pugnétte.
Joker! Ma sei cretino?! Secondo te ora mandiamo email di lavoro con suggerimenti onanistici? Volgare e gratuito, rimettiti a dormire!
Ore 3.03
Signor Utonto, dopo attento esame del vostro marketing plan, sono lieta di comunicarle che prrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr!
Ma alloraaaa! Joker, basta! Dormi! Ma mi svegli per fare le pernacchie al signor Utonto?! Abbiamo ancora due anni?! (N.d.R.: Età in cui io e Joker eravamo i maghi della pernacchia agli sconosciuti)
Ore 3.50
A chi critica, valuta, elogiaaaa
Figli di troppo di madre noiosaaaa
L’arte è pensiero che esce dal corpoooo
Né più e né meno come lo stercooooo!
Joker! Ma canti gli Zen Circus alle quattro del mattino?! No, non è colpa mia che li ascolto, non ti ci provare, tu sei un inconscio disadattato! No, non è vero che volevi aiutarmi! No! No sai!… ma Prrrrrrr a te! Gnè gnè gne! Ma smettila che ormai siamo svegli… Cosa facciamo ora? …Eh?… Ma che ne so se a quest’ora ci sono le brioche calde a Gotham City, io leggo Rat-Man.
Il mattino, conseguenza della notte travagliata, avevo le idee più chiare su cosa rispondere. Ed era la risposta giusta. “Ah sì?” E andare altrove. Non mi riferisco solo alla storia del monaco Hakuin. C’è un valore più basso ma comunque interessante del restare in silenzio rispondendo solo “ah sì?”: il non dare una consulenza gratuita a chi non la merita e fare spazio per lavori migliori.
Inutile utilizzare tempo e risorse per spiegare. Ormai il nostro Signor Utonto si è fissato che Miss Gnòla sia la sua chiave per il successo, sarebbe una spiegazione sprecata, ci metterà almeno un paio di anni di incredulità davanti a risultati meno che mediocri per capire come stanno le cose. Quando darà ragione alla nostra spiegazione, rimarrà comunque inchiodato all’idea che se ci fossimo spiegati meglio, lui avrebbe potuto evitare queste perdite. Non sarà mai colpa sua, sarà sempre colpa nostra e noi non saremo mai la nuova Miss Gnòla. Qualunque risposta sarebbe quindi sprecata.
Cosa bisogna fare per trovare una risposta giusta quando ti offendono
Bisogna invece darsi il tempo e la chiarezza mentale per pensare ad altro, a qualcosa di migliore, a un progetto diverso.
Bisogna avere il coraggio di lasciar andare e tagliare i ponti con chi non è in grado di comprendere il nostro valore. Magari in futuro lavorare meglio sul far comprendere il nostro valore e il valore dei nostri risultati. Intanto però, se qualcuno non lo capisce mentre ha i risultati del precedente progetto in mano, lasciamolo pure andare. La stupidità che sta dimostrando con noi, la dimostrerà anche nel resto degli affari e prima o poi colerà a picco insieme a Miss Gnòla. Meglio essere già altrove, no?
Clienti così ma anche persone così è meglio perderle, non è un luogo comune. Si tratta di una questione più sottile. Bisogna fermarsi e chiedersi se è il caso di collaborare o continuare ad avere un’amicizia con qualcuno con visioni così distorte, che si fa affabulare dalla prima incompetente o che, ancora peggio, ha l’arroganza di poter fare il tuo lavoro senza nessuna preparazione o esperienza. A quel punto, lasciarlo andare e creare lo spazio necessario per clienti migliori. Perché se continuiamo a stare lì, a farci intossicare da queste persone e dai loro giudizi, non arriveranno mai clienti migliori o amici migliori. Fare spazio, via. Le persone offensive e arroganti, alla lunga ti abituano ad avere a che fare solo con persone così. Diventi il porto sicuro degli improvvisati e degli arroganti.
Ma non hai paura che facendo così resti senza lavoro? O senza clienti? No, perché ne ho a sufficienza e sono certa che altri ottimi ne arriveranno, altri che non dovranno mai trovarmi furibonda per le trovate del Signor Utonto. Ho una casistica di decine di volte nella mia vita in cui la risposta giusta è stata proprio questa: un dignitoso silenzio e guardare da un’altra parte.
La risposta giusta quindi è solo dirsi tra sé e sé “ah sì?”, poi andare oltre. In composto silenzio. Al resto ci penserà Miss Gnòla, da sola. Questo ve lo posso garantire, potrei citare decine di esempi anche qui. Defilatevi, rispondete “va bene” e poi non fatevi più trovare. Miss Gnòla si offrirà di prendere il controllo di tutto il progetto e dirigere lei la comunicazione del prodotto dal suo account Instagram.
La risposta giusta la darà solo il vostro antagonista
Io infatti ho una una visione chiara del futuro del Signor Utonto. Dopo la mia risposta giusta, Miss Gnòla prende possesso della comunicazione del prodotto e lo presenta in venti post su Instagram, così:
Quando ho accettato di collaborare alla presentazione di questa cosa per la coltivazione del grano a idrogeno di @signorutonto, ero emozionata e fiera, ci credevo davvero nel portare questa cosa a tutti voi. Ho cercato di collaborare con diverse persone per imparare a fare comunicazione digitale, nella mia umiltà di persona che si mette sempre in gioco per imparare, per fare rete e farla crescere. Ho chiesto a queste persone di insegnarmi e di poterli osservare al lavoro, ma ho trovato solo porte chiuse e silenzi.
Non capivo, avevo il cuore a pezzi perchè io condivido sempre tutto, come sapete. Io non ho segreti per gli altri, quando voi mi chiedete qualcosa di come ho fatto uno scatto o dove ho trovato una cosa, io ve lo dico sempre, vero? Ma il mondo là fuori non è così, non sono come noi. Ancora una volta mi sono trovata da sola su una strada in salita che ho dovuto percorrere abbracciandomi stretta, con le sole scarpe bucate che avevo ma di cui ero molto grata.
Ero grata per queste scarpe rotte, piene del fango dei miei percorsi difficili, dei buchi dei tanti cammini sotto il sole cocente, delle cose che ho cosato nella vita, delle invidie che ho dovuto subire per aver voluto intraprendere professioni come questa. Vi ricordate quando avevo deciso di fare la ballerina alla Scala? Stessa storia anche lì, le ballerine non volevano condividere i loro segreti per entrare alla scala, io facevo ventisei ore di allenamento al giorno per essere prima ballerina nel Lago dei Cigni, non è che volevo chissà che cosa. Avete visto che strada in salita ho dovuto percorrere. Mi sono lasciata alle spalle questa esperienza formativa ma molto stressante, portandomi via il poco che mi aveva scaldato il cuore, con i piedi pieni di ferite e di calli per le scarpe a punta di @etoilemonamourparis.
Mi sono allontanata per la mia strada fatta di piccole cose impercettibili per gli altri e su questa strada in salita è piovuto, è piovuto anche dentro nelle mie scarpe rotte e nelle mie calze di puro lino rupestre lavorato a mano da @knittingfashionmagiadelbioborgofelice che adoro.
Quando pensavo che andasse un po’ meglio e che la salita fosse finita, mi sono voluta migliorare ancora e ho deciso di salire fino alla vetta, di dare tutto anche se dovevo farlo da sola, anche se nei miei percorsi non sono mai mancati la neve, il ghiaccio e le cose della montagna, quelle dure e vere di una volta, i sapori antichi che mi riempiono l’anima come la cioccolata in tazza al caramello al lampone e liquiriza con marshmallow al mango e fichi abbrustoliti della mia cara amica sorella madre cugina nonna zia @cucina_di_mattoni_dolci_e_cementi_rapidi
Mi sono asciugata al fuoco della semplicità della mia famiglia, nel cuore del mio mastino tibetano Gianfrancesco e del mio purosangue Pier Ulderico, mi sono asciugata le lacrime nel maglione senape e sole di @selvaggia_refashion_design_art e questo maglione sapeva di sole, di cose pulite e di prati in fiore, di cose buone e pure che amo infinitamente. Allora, forte della mia forza, ho continuato a salire su invece di scendere giù, ignorando chi mi criticava e chi mi voleva ostacolare, chi non mi voleva far fare rete con voi, per far conoscere a tutti questo prodotto fantastico a idrogeno.
Queste persone me le sono scrollata dalle spalle e li ho dimenticati, faticosamente perché le stimavo tanto e ci volevo collaborare con tutto il cuore, anche mentre le mie scarpe si riempivano di acqua gelida del fiume di montagna appenninica che stavo attraversando da sola, cercando di non cadere nella corrente con le rapide, gli squali e i piranha.
Avevo ragione io anime splendide, avevo ragione perché oggi siamo qui insieme, a fare rete per far conoscere questo macchinario per la coltivazione a idrogeno, lo vedete sullo sfondo della foto anche se è un po’ sfocato, è quel pezzo verde scuro. Io scusate se sono un po’ spettinata ma è una foto naturale così, come siamo noi, vere e sincere, vestito a fiori @ilpranzodicotone e scarpe tacco 12 cruelty free di @iovestobuccedipatatabollita. Queste scarpe di bucce di patate bollite mi sembrava proprio il momento di farvele vedere in occasione della presentazione del macchinario a idrogeno per mietere le patate, adoro queste scarpe che hanno sostituito da poco le mie vecchie scarpe piene di buchi e di vita che mi hanno portata faticosamente fin qui e che amerò per sempre. Sono la mia storia preziosa.
Alla fine ce l’ho fatta, anche grazie a voi che mi sostenete sempre, grazie alle persone come noi che riempiono la loro vita di bontà e amore, di condivisione e di cose piccole ma belle che per gli altri sono senza valore. Oggi dobbiamo festeggiarci!
Seguono 126 stories e dieci reel dello stesso contenuto a pezzetti, 80mila like. Ma nessuno che si interessa al prodotto. Eh, Signor Utonto, sarà la crisi.
Postilla: poi in realtà è meglio se riusciamo a non reagire a quello che gli altri pensano di noi. Si tratta solo di una loro rappresentazione mentale, non di come siamo noi realmente. Bisogna riuscire a non farci offendere, a restare imperturbabili. Magari nella prossima vita da monaca tibetana ce la farò.
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