Un autunno caldo e soleggiato si è repentinamente trasformato in un anticipo d’inverno gelido, con un freddo spietato, che non ci ha dato il tempo di adattarci, quasi di capire. Il giorno prima ricoveravo titubante i pelargoni ancora in fiore, in maglietta, il giorno dopo stava già nevicando e il freddo diventava il compagno quotidiano. “Qui non si sente altro che il caldo buono. Sto con le quattro capriole di fumo del focolare” scrive Ungaretti in una delle poesie che amo, non a caso sul Natale e il desiderio di solitudine, due cose che per me sono strettamente legate.
Non il freddo che fa gelare le estremità e arrossare i nasi, non il freddo umido della città. E’ questo un freddo amico, che si ritira con l’accensione del fuoco ma ci sorveglia sornione da fuori per rientrare non appena qualcuno si dimenticherà di riattizzare un fuoco o ci sarà la pausa della notte, con le braci che affievoliscono poco a poco. Le mattine, qui a casa Erbaviola, adesso iniziano sempre con il freddo e negli ultimi giorni di vento molto forte e poi neve e ghiaccio, è diventato un freddo che non passa mai veramente, che fa sforzare al massimo la cucina a legna, quasi fosse una vecchia locomotiva a vapore. La stufa di sopra è rimasta muta per un paio di giorni perché un vento a un centinaio di chilometri orari ha messo fuori uso la canna fumaria. Così tra cucina a legna al piano di sotto e una stufetta a bioetanolo al piano di sopra, abbiamo affrontato lo stesso il freddo senza grandi disagi. Si potrebbe dire che dopo quasi una decina di anni qui, ci si sia abituati.
Una mattina apri il balcone della camera e trovi tutto innevato. Il freddo non è più un nemico, fa parte del posto, è essenziale. E’ il riposo vegetativo, segna l’ora della ferma. Anche in casa segna la distanza tra il buio della notte e la luce del giorno, tra il buio dei fuochi spenti e la luce della legna che scoppietta, del sole che entra dalle finestre. E’ un freddo che porta silenzio e concentrazione, studio e attività. Un freddo a cui negli anni ci siamo piano piano adattati, al punto da non sopportare più molto i giacconi che portavamo in città e che abbiamo continuato a usare per i primi anni qui. Pian piano il corpo si è adattato. Io giro per il bosco con un semplice poncho, che forse in città avrei considerato una copertura leggera per il primo autunno.
I primi tempi qui, appena sveglia, accendevo le stufe, poi tornavo di corsa a letto con una tazza fumante e leggevo, aspettando che la casa avesse una temperatura più accettabile. Ora quei giorni mi sembrano molto lontani. Dall’anno scorso mi sono anche resa conto di avere inconsciamente sviluppato una maggiore resistenza al freddo, io quella che aveva sempre i piedi gelati anche al mare. Mi accorgo che la temperatura è un po’ bassa solo passando davanti al termostato della cucina ma io mi sento ben protetta e al calduccio. A volte mi rendo conto che è mezzogiorno e non ho ancora acceso la cucina a legna, me lo ricordo solo per il desidero di qualcosa di caldo per il pranzo. Probabilmente se la me di anni fa entrasse in questa casa quando le stufe sono spente, non si toglierebbe la giacca a vento e la cosa mi fa sorridere. Una delle rare discussioni, giorni fa, è stata perché chiedevo di spegnere il fuoco di sopra almeno alle cinque, altrimenti la notte si dorme facendo la sauna. Una volta si discuteva su come abbassare le bollette del metano astronomiche, che comunque ci facevano vivere lo stesso al freddo, come in molti appartamenti cittadini dove la dispersione termica e l’umidità vincono su tutto.
A volte vorrei essere come i miei gatti, stupiti e allarmati solo dalla prima neve della stagione, osservatori sornioni per il resto dell’inverno. Si godono questi spettacoli più di quanto possiamo fare noi. Si staccano ogni tanto per andare a scaldarsi vicino a un fuoco ma sempre tenendo d’occhio i fiocchi misteriosi che coprono tutto e che per un po’ fanno l’aria meno fredda, la casa protetta dal manto ovattato. Alla fine della nevicata, si trasformerà in una morsa di freddo che li farà rintanare nei loro angoli preferiti, tra cucce e coperte calde, meglio se nei pressi di una stufa. Per loro la neve è solo una novità transitoria, un gioco di passaggio, nient’altro.
Il mese scorso è ricapitato di nuovo di restare senza corrente elettrica (della volta precedente, un po’ più tragica, avevo raccontato qui e qui). E’ veramente penoso perché non siamo in una zona remota della Groenlandia, siamo “nell’efficiente Emilia-Romagna”, ma l’inefficiente e monopolizzante Enel è una mano che schiaffeggia ugualmente da nord a sud. Me lo ero immaginato, perché la manutenzione dopo la prima volta che siamo rimasti senza corrente elettrica è stata misera e ridicola. In più, chi doveva controllare la manutenzione delle zone boschive attorno alle linee aeree (nel 2017 abbiamo i cavi volanti quando in zone come questa andrebbero tutti interrati!) non aveva controllato un bel niente e così la probabilità che qualche albero cadesse sui tralicci era piuttosto alta. E così è stato.
Tre giorni senza corrente in cui la pazienza si è esercitata in mille modi, dalla vita privata al lavoro. Dopo aver cucinato pasti semplici a lume di candela, grazie al fatto che la cucina a legna è indipendente dalla linea elettrica (al contrario delle moderne stufe a pellet e camini ventilati che senza corrente diventano inutili) abbiamo passato serate leggendo, cullati dal suo tepore. Scaricato però del tutto l’iPad, ho tentato di leggere a lume di candela ma mi lacrimavano gli occhi… onestamente non so come facessero a studiare a lume di candela, io non riesco e mi avvicino così tanto che rischio di incendiare la chioma. Ho ripiegato allora sul lavoro a maglia, che non devo guardare di continuo. Ma anche qui, faticavo a vedere con quattro ceri e due candele… In accompagnamento, le uniche notizie che potevamo avere erano dalle radio, giusto per capire se eravamo solo noi o tutta la zona o chi lo sa, tutto il mondo. Quando sei bloccato in casa senza telefono, luce e di conseguenza internet e tv, non è facile ottenere notizie. Così ho rispolverato una radio a pile e … è assurdo, lo so, ma prendeva solo Radio Montecarlo. Quindi per tre giorni ho ascoltato un’immondezzaio di musica pop dei soliti piagnoni italiani condita da cacofonie internazionali di signorine convinte che starnazzare ‘aaaaaaa’ alla fine di ogni strofa le trasformi magicamente in cantanti. Credo fosse la colonna sonora per Guantanamo, io ero pronta a confessare qualsiasi delitto purché finisse. Ho anche chiuso a metà di una dotta conversazione sul fatto che la fidanzata del principe Harry è sia plebea che di colore. Complimenti agli autori.
Dopo tre sere di questo inferno, in realtà ogni volta spento dopo nemmeno un’ora per insostenibile insofferenza, ho messo nella lista degli acquisti una radio moderna a pile. Questa nella foto è la ISIS del 1970, secondo me uno dei design più belli di radio del Novecento, ma la poverina non riceve le frequenze attuali.
Per il lavoro ce la siamo cavata in vari modi. Il primo è stato portarci avanti lavorando anche nel fine settimana quando abbiamo visto che stava per nevicare. Naturalmente gli appuntamenti che avevamo sono invece andati tutti a farsi benedire, rimandati creando una slavina di spostamenti, code e superlavoro nelle settimane seguenti. Dalla volta scorsa, ci siamo anche procurati dei gruppi di continuità per ogni computer, quindi ne giorni seguenti siamo rimasti indenni anche ai continui attacca-stacca di corrente a cura degli operai Enel, chiaramente sempre senza avvertire. Non potendo applicare gruppi di continuità a tutto, ora ho il termostato del frigorifero che si è fritto ma grazie al cielo su 4 gradi, quindi mi sa che per ora lo lascio così senza cambiarlo. Naturalmente Enel, come sempre, rinfrancata di essere un monopolio incontestabile, non rimborsa un bel niente. Anzi, ha anche mandato in giro per i comuni un suo povero impiegato ad annunciare la lieta novella. Pover’uomo, chissà che cosa doveva scontare per affidarlo agli insulti di ottantamila persone rimaste di nuovo senza luce per giorni.
La nostra ulteriore soluzione è stata quella di attendere lo spalaneve per uscire dal bosco e poi metterci in auto al freddo per raggiungere Bologna. Abbiamo lavorato da amici, caffetterie, sale da té, dovunque ci fosse il 4G. Poi di nuovo verso casa.
E’ vero che poi al ritorno, verso il tramonto, incontri questi paesaggi da fiaba e ti fermi a respirare a pieni polmoni, ad accogliere con piacere il freddo pungente sul viso, pensando al calduccio a casa, ora che stai per arrivare (ma dopo che avrai acceso le stufe). Mi chiedo però se sia normale che nel 2017 in un paese civile si deva vivere in condizioni che non si verificavano nemmeno cinquant’anni fa. Come ha detto giustamente un amico, cinquant’anni fa le linee Enel erano più nuove. Questo paese ha sempre più l’aria di andare allo sfascio, anche nell’eccellenza di servizi dell’Emilia-Romagna che, purtroppo, non è più un’eccellenza. La cosa che infatti non mi fa sperare per il meglio è che, pur avendo costituito un comitato per la situazione attuale in modo da farsi valere con il grande monopolio Enel, dopo un paio di giorni il comitato proponeva la formazione di un gruppo di acquisto di generatori… Sono le teste degli italiani che non funzionano più. In Sicilia non sistemano gli acquedotti e la gente si compra le taniche e le autoclavi invece di ammutinare i responsabili e smettere di pagarli. Qui lo stesso: invece di pensare a una class action, a far valere i diritti dei consumatori, si fa il gruppo d’acquisto dei generatori. Così oltre agli stipendi d’oro dei dirigenti Enel che ci causano questa situazione, dobbiamo pagare anche dei generatori e il gasolio per farli andare? No, io non la capisco. Fine del momento polemico.
Mentre la neve si scioglie, mi godo qualche passeggiata nel bosco, la luce tra gli alberi, in attesa della prossima nevicata. Ultimamente sta nevicando poco e spesso. Purtroppo una nevicata improvvisa, più forte del solito, mi ha impedito di andare al VeganDays di Pontedera.
In genere non prendo impegni da novembre ad aprile, salvo i corsi in cui parto il giorno prima e torno il giorno seguente, proprio per i problemi di spostamento che possono esserci con la neve. In realtà in un paese normale non ci sarebbero, ma qui non ho ben capito chi ha vinto il bando per spalare la neve, fatto sta che arrivano dopo ore che è cominciato a nevicare. Nel caso del festival, ho aspettato metà mattina, ho provato ad andare lo stesso ma arrivata in paese ho fatto dietrofront: altri cento chilometri di strada non spalata a venti all’ora non erano ipotizzabili e mi ha spaventato vedere tre auto fuori strada in punti diversi. Sì, perché il bando per lo spargimento di sale è andato deserto… quindi niente sale, quest’anno si pattina. Ma il panorama è tanto bello…
Negli ultimi tempi ho lavorato tanto e scritto poco sul blog, ma ho scritto molto altrove. Adesso sono tornata, anzi aspettatevi un post speciale e una sorpresa la prossima settimana, precisamente martedì.
Ma ho già una sorpresa ora che è un regalo di Natale anticipato per tutti. E’ iniziata anche una nuova collaborazione con Dolce Vita, per cui già scrivevo la rubrica Decrescita per la rivista cartacea. Ora potrete leggere tutte le settimane, gratuitamente e online, la nuova rubrica sul Consumo consapevole. I primi due articoli, Cos’è il consumo consapevole e Quinoa, quanto pesa sull’ambiente? potete già leggerli online. Se ci sono argomenti che vi interessa approfondire, scrivete a me oppure alla redazione e cercheremo di indagare al meglio su quale sia la scelta più sostenibile.
Durante quest’ultimo mese ho terminato anche di programmare i nuovi corsi Cambio vita con un’altra organizzazione, grazie a cui sono riuscita a ridurre i costi e, come potete vedere dalla sezione Eventi, ci sono anche altre novità. E altre ne arriveranno, man mano ve le racconterò, sto cercando sopratutto di organizzare delle conferenze a ingresso libero su autoproduzione e decrescita. Trovare librerie interessate a Bologna e Milano non è così facile… ma sono certa che qualcosa faremo. Non perdetevi quindi le newsletter o iscrivetevi per riceverle se non l’avete ancora fatto, perché spesso, come avrete notato, sono il mezzo più veloce per essere informati sui nuovi corsi e manifestazioni o per fare qualche chiacchiera più personale che sul blog non sempre trova posto.
Vi lascio per poco tempo, ci risentiamo martedì. Io torno alla cucina della foto sopra, dove sto preparando una cosa molto speciale. Mi fanno allegria le bacche di biancospino, raccolte dai cespugli qui attorno, sono una delle mie decorazioni preferite per l’inverno, hanno un tono di rosso che mi mette proprio allegria. Molto meglio delle decorazioni cinesi di plastica, no?
6 Commenti
Leggendoti mi sono sentita cullare dolcemente e lentamemente. Rallemtare, fare pause staccare dalla frenesia come quando faccio yoga, rilasso rallento mi fermo ascolto e respiro eppure sembra che non si stia facendo nulla invece è proptio in questi momenti che TUTTO accade. Mi gusto sempre ogni tuo scritto ma questo mi ha dolcemente deliziato. ❤
Grazie cara, ne sono veramente felice! Ho aspettato un po’ per scriverlo, tra mancanza effettiva di tempo e – ehm – un po’ di tristezza che non riuscivo a spazzare via per la questione dell’impotenza davanti ai disservizi…
Sono felice di essere riuscita a far vedere la parte più bella. Poi in realtà è proprio così per me: mi stanco della civiltà, metto il naso fuori e dieci minuti di bosco mi rigenerano completamente. Un abbraccio grande!
Che bella la descrizione, il paesaggio, il micio al davanzale e quei bei macinini da caffè!
Vero pure la storia dell’Enel. Adesso chi non è residente paga cifre esorbitanti di spese fisse. Mi arrivano 52- 53 euro per la casa in campagna dei miei nonni, 2-3 euro di consumi e 50 di spese. Una cosa vergognosa.
Sì davvero Adriana, anche perché se questi soldi li reinvestissero avremmo strutture eccellenti… invece siamo qui piazzati come i cubani ma pagando come se fossimo in Svezia. E’ questo che non ha senso.
Ci rifacciamo con la bellezza della natura, intanto che riesce a sopravvivere 😉 Un abbraccio!
come mi suonano vicini questi problemi, le tariffe elettriche esose e la strada nel bosco che porta a casa tua resa inaccessibile dalla pioggia… ho appena allestito una sistemazione come la tua, Grazia, nell Appennino parmense e a breve ci andro’ a vivere stabilmente. Gatti, orto biologico, stufe a legna e bioetanolo. Ma tu che hai piu esperienza dimmi: come la produci l’acqua calda sanitaria con il solo riscaldamento a legna? e come cucini in estate, accendi sempre la stufa? piccoli grandi problemi di decrescita, ma grazie per l’ aiuto.
Un abbraccio natalizio
Ciao Alessandra, buona avventura allora! 🙂 Che io sappia, a Parma sono messi meglio di qui come servizi. L’acqua calda sanitaria, dipende per cosa. Per lavare i piatti usiamo lo scaldaacqua della cucina a legna, basta versarne metà nel lavandino. Idem per le pulizie, è sempre lì pronta e bollente. Solo per la doccia, utilizziamo una piccola caldaia a gpl. Se la casa fosse mia, avrei fatto l’impianto a legna, non è una cosa difficile, lo fanno in molti, sono delle serpentine con acqua che passano nelle stufe o nelle cucine a legna, ovviamente in vicinanza del bagno.
In estate cucino molto poco, con il caldo preferisco cibi crudi. Ma ho anche una cucina a gpl da usare quando necessario. Inizialmente avevamo un fornello elettrico in estate, ma lavorando anche con ricette di cucina, avevo bisogno un blocco fornelli-forno professionale, così ho cambiato. Immagino che chi possa seguire una via in cui il lavoro non invade la casa, possa usare anche solo il fornello elettrico in estate o qualcosa di simile. D’altra parte è quello che facevano una volta 🙂 Un abbraccio grande!