La ricerca della semplicità è ostacolata dalle sdraio

da Grazia Cacciola
due sdraio davanti al lago e spiaggetta isolata

[sg_popup id=4] Sì lo so, ultimamente sto diventando pedante con la questione della semplicità ma è un periodo così. In più, la mia ricerca della semplicità viene spesso ostacolata, non ultimo dalle sdraio. Essere semplici oggi è veramente una delle cose più complicate. Ho bisogno, mentalmente e fisicamente, di avere meno cose, di vivere con più leggerezza, di avere meno oggetti e attrezzature di cui occuparmi, di godermi di più la vita com’è e come viene.

Mi torna in mente spesso un gioco che facevo con delle mie amichette, avremo avuto tra i sei e gli otto anni. Inventavamo un negozio, lo allestivamo e giocavamo a negozio. “Giocare al negozio” era uno dei nostri giochi preferiti. Per esempio a me piaceva l’edicola, anzi da piccola ero convinta che fosse il lavoro più bello del mondo perché l’edicolante poteva leggere tutte le riviste e i libri tra un cliente e l’altro – finché non ho scoperto la biblioteca e allora il lavoro più bello del mondo è diventato la bibliotecaria. Poi hanno inventato il Commodore 64 e addio, volevo essere l’ufficiale Uhura responsabile delle comunicazioni sull’Enterprise che salva le balene.

bagno nel lago, pineta sullo sfondo

Comunque, tornando a questo gioco del negozio, continuo a ripensarci perché in effetti non ci abbiamo mai giocato davvero. Passavamo almeno due ore a fare l’allestimento. Sedie e scrivania della cameretta diventavano gli espositori, dove mettevamo divisi per categoria tutti i giornali, riviste e fumetti che riuscivo a raccogliere per casa. Poi in un angolo costruivamo la cassa, di solito aprendo un cassetto e piazzandoci sopra una slot machine giocattolo (i giochi educativi degli anni ’70) che faceva da cassa.
Organizzavamo tutto nei minimi particolari, compreso il campanello quando si apriva la porta del negozio, cioè la porta della camera, ottenuto appendendoci sopra un sonaglio per neonati. Poi passavamo a stabilire i turni e le strategie di vendita, tipo: con due Topolino in omaggio una gomma profumata. Quando finalmente avevamo organizzato tutto e stavamo decidendo chi faceva per prima il venditore e chi la cliente, arrivavano le mamme e le mie amichette dovevano tornare a casa loro. Io dovevo rimettere a posto tutto, con mia nonna che chiedeva cosa ci facesse la slot machine nel cassetto delle mutande. Insomma, alla fine abbiamo sempre allestito dei negozi favolosi ma non siamo mai riuscite a giocarci più di pochi minuti.

Ultimamente mi torna in mente spesso questo gioco perché è un po’ quello che tendiamo a fare con le nostre case. Le riempiamo di cose utili e belle, di cui poi dobbiamo occuparci. Sono anni che cerco di eliminare l’inutile, ma sono ancora distante dal mio ideale di poche cose e vita semplice e oltretutto il marketing della Kondo con me non attacca. Elimino ma affogo nel “mi potrebbe servire“. Tra l’altro neanche a farlo apposta il mese scorso abbiamo eliminato due materassini da campeggio autogonfianti, comprati e mai usati perché subito dopo l’acquisto è finito il periodo dei viaggi zaino in spalla (con grande sollievo della mia metà). Invece solo la settimana dopo ci sarebbero serviti proprio quei materassini o almeno la pompa di gonfiaggio, data via anche lei. Quindi ora siamo al devastante “E se poi ci serve?” che fa accumulare montagne di cose. Se poi ci serve si compra, se proprio. Ma non è proprio così, vedi di seguito.

Visto che il tempo sembra essere ancora clemente, mentre di solito in questo periodo cominciano ad arrivare forti piogge, abbiamo deciso di regalarci qualche giornata extra di escursioni e bagni di sole, uno dei vantaggi di chi lavora da casa. La mia idea era la semplicità assoluta: borsa frigo con acqua e frutta, teli da mare, crema solare e libro. Una spiaggia semideserta in uno dei laghi vicini, difficilmente raggiungibile in modo da non trovarci in mezzo ad altra gente, al caos ecc. Sono parecchio allergica alle spiagge organizzate perché anche nelle più comode in cui i lettini sono distanziati, ti ritrovi sempre a dover passare tutta la giornata con le cuffie per non sentire Maicoooool-vieni-fuori-dall’acqua-che-devi-far-merenda-con-Kinderpinguì e le confidenze di Guia che ha tradito il marito con il Direttore responsabile della sezione territoriale del Servizio Nazionale Salvamento (altrimenti conosciuto come bagnino) che deve proprio raccontarlo nei particolari all’amica in ufficio a Milano.

semplicità: due teli da mare e basta, la bellezza della natura

Io sono per sedermi nel silenzio, in una natura vagamente selvaggia, nuotare e leggermi il mio libro in pace senza dovermi sparare nelle orecchie il death metal che è l’unico fracasso cacofonia opera strumentale in grado di coprire MaicolMaicolKinderpinguì. Così il primo giorno siamo partiti con questo bagaglio minimo, alla riscoperta della nostra natura selvaggia, invero già edulcorata da costumi da bagno e teli da mare.
Ho mandato la foto sopra, tutta soddisfatta, a un paio di amiche che mi hanno risposto ridendo che siamo dei fachiri. Non hanno colto la mia idea di naturalezza, solo quella di scomodità. Il mio compagno ha concordato che in effetti lui non era proprio comodissimo con solo il telo da mare, ma io ho proseguito ferma nel mio intento di tenermi solo una borsina minimal telo-crema-libro-iphone. Iphone è già di troppo, ma visto che siamo reperibili per lavoro… In più, secondo me, proclamo, se ci portiamo altro rischiamo di rotolare giù per il bosco, invece di scendere a fatica come abbiamo fatto.

Nel tardo pomeriggio sulla nostra spiaggetta isolata arriva una coppia di signori di una certa età e educatissimi, si mettono esattamente dal lato opposto della spiaggetta, cosa che apprezzo oltremodo. E zac! Tirano fuori due lettini pieghevoli che non so come gli stessero nello zaino. Poi una serie di altre cose pieghevoli e in breve organizzano un piccolo campeggio, hanno persino una valigetta che diventa un tavolino con i cassetti, da cui tirano fuori altre cose, scarpe da roccia, pinne, maschere… pensavo aprissero il salone del campeggio.
Li guardo sdegnata dall’alto della mia semplicità immersa nella natura. Il mio compagno li guarda invidioso mentre si arrostisce piedi e natiche sulle pietre. Così, dopo esserci detti quelle duecento volte che abbiamo sbagliato a dar via quei due materassini autogonfianti che sarebbero andati benissimo per stare qui, il giorno successivo decidiamo di portare almeno le sdraio del giardino che si vedono qui con il kimchi, le quali in realtà sono le ex sdraio da campeggio, leggerissime e portatili.
Le mie obiezioni sul percorso periglioso in discesa per la pineta con in mano le sdraio e le varie borse vengono zittite da un “le porto io”. Le mie ulteriori obiezioni sulla natura piccolo borghese di queste sdraio in un contesto così selvaggio vengono ignorate.

semplicità: il lago, la pineta e due sdraio

Queste due draio sono state l’inizio della fine della semplicità. Se ti apri a una sola cosa in più, a qualsiasi cosa in più, anche solo un mozzicone di matita dell’Ikea, è come se si aprisse un buco nero, oscuro e insondabile, con scritto sopra “Allora porta anche questo“.  Una volta fatta una giornata con le comodissime sdraio (che peraltro non sono così comode oltre la prima mezz’ora, con quella stanga che ti taglia a metà la coscia), si sono aggiunte anche le scarpe da scoglio e quelle da kitesurf, perché mettere i piedi nelle alghe del lago e sulle pietre roventi quando esci dall’acqua dà un po’ noia. E due libri che se ti stanchi di uno prendi l’altro. Allora, osserva la mia metà, portati l’iPad che hai dentro quindicimila libri e scegli al momento. Ma non dimenticare la cover impermeabile dell’iPad.
Poi lui ha voluto un materassino gonfiabile per starsene sdraiato in acqua, così – sbuffando – ho dovuto tirar fuori dal sacco “donazione” la scatola di un materassino gonfiabile nuovo, acquisto di anni fa che ci avevo messo dieci minuti buoni a scartare: lo uso? da quanto non lo uso? più o meno di tre anni? Lo userò nei prossimi tre mesi? Sembro un reality degli accumulatori seriali.
Ma a quel punto però avevo il materassino ma non avevo più la pompa di gonfiaggio, che è già stata donata due mesi fa. Dopo aver provato lui a farsi esplodere i polmoni grazie alle nuove valvole anti-bambino-che-se-le-ingoia, dopo aver scartato l’utilizzo del compressore dell’auto perché io avevo paura che scaricasse la batteria lasciandoci a piedi, abbiamo ceduto all’acquisto di una nuova pompa. Ma non l’abbiamo trovata. Abbiamo girato diversi posti ma nella nostra zona quest’anno sono finite tutte quelle per palloni, bici e canotti. Alla fine, già per strada, abbiamo trovato un negozio di articoli sportivi che ci ha gonfiato il materassino con il suo compressore e siamo usciti felici con un maxi materassino da spiaggia sottobraccio, attraversando il parcheggio di Castel di Casio, borgo medievale montano dell’Appennino Bolognese. Prossimamente potremmo anche provare a girare per Rimini con in spalla degli sci, perché mi piace aggiungere del surreale alla vita degli anziani villeggianti.

Così il quarto giorno ci siamo presentati al lago con: due sdraio, borsone con quattro teli da mare (due per asciugarsi, due per sedersi), uno zaino a testa in cui ognuno ha messo le sue cose personali perché tutte in uno non va bene, si litiga su chi ha perso cosa. Più il materassino già gonfiato, il thermos del caffé e la borsa frigo. Il thermos si è aggiunto dal secondo giorno perché l’unico bar è a chilometri e mi toglie la poesia della natura selvaggia.
La borsa frigo era intanto passata da due panini e acqua del primo giorno, a: due bento box refrigerati con incluse posate e contenenti insalata di riso, la mia schiscetta con due pesche al limone, due bottigliette da mezzo litro di acqua, un ulteriore litro e mezzo di acqua per ricaricare le due bottigliette e un mezzo litro di succo verde per rigenerarsi dopo le nuotate.
Durante la giornata adocchiamo una scuola di vela e windsurf dall’altra parte del lago, ci chiediamo se facciano anche canottaggio e se magari affittino le canoe, guardiamo qualche modello di canoa online e ci diciamo che sarebbe bello fare lezioni di canottaggio, chissà se una canoa ci sta sul portapacchi, magari la prendiamo la prossima estate. Ci manca giusto una canoa sul portapacchi e un altro borsone di attrezzatura, why not.

semplicità: sera sul lago

E arriviamo a stasera. Ci vuole l’ombrellone, dice lui, non si può stare otto ore sotto il sole senza un’ombra. La mia idea “c’è la pineta” viene scartata, la seconda idea “piccola tenda” subisce la stessa sorte (l’ho traumatizzato anni fa con un viaggio in cui smontavamo e rimontavamo la tenda quasi tutti i giorni, così quando l’ho venduta ha dato una festa e ha deposto corone di rose ai piedi di sant’Ilario di Gaza, quello che girò tutto l’Impero Romano senza dormire mai nelle tende, piuttosto dormiva nelle grotte). Mi dice che ci vuole l’ombrellone o qualcosa che faccia ombra, indicandosi il viso, che è così scottato che di notte potrebbe anche essere fosforescente.
All’ombrellone mi dichiaro sconfitta. La mia idea di semplici giornate nella natura si è trasformata in una giocoleria di pacchetti, pranzi pronti, ombrelloni e cocomeri che mi ricorda le giornate al mare di Aldo Fabrizi e Ave Nichi.
Così, niente, domani si torna alla spiaggia attrezzata al mare, con la borsetta minimal che tanto lì c’è già tutto, quel tir di attrezzature che vanno dalla cabina alle docce, alle sdraio con il tettuccio parasole, gli ombrelloni, il campo da volley e ping-pong, l’area bimbi e. Per fare una delle cose più semplici del mondo: prendere il sole e farsi una nuotata. E’ questo che mi fa impazzire. Voglio solo fare una nuotata e prendere il sole, ma se l’estate dura ancora, tra un mese staremo valutando un camper da dieci metri solo per andare in spiaggia.

Secondo me è cominciato tutto dalle sdraio, se cedi alla prima cosa in più, quella attirerà tutte le altre come un gigantesco magnete e in breve ti troverai sommersa di cose, persone, servizi, animatori e irritanti dj set al tramonto con Guia che salta sulla sdraio ammiccando al megadirettore del salvataggio, intanto che la madre di Maicol urla Kinderpinguì Kinderpinguì.

L’anno prossimo si parte da casa con le mani in tasca e si resiste a oltranza.

Nota: tutte le foto sono state fatte in questi giorni al Parco Regionale dei Laghi di Suviana e Brasimone. Se non vi fermate nelle aree attrezzate per grigliare, proseguite tra i boschi e scendete più in là, ci sono delle belle spiaggette isolate e radure incantevoli nei boschi. 

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17 Commenti

Vale Agosto 28, 2017 - 8:37 pm

Ma ma ma ma al lago di Suviana! *_* Il nostro lago! *_*

Reply
Grazia Cacciola - erbaviola Agosto 29, 2017 - 5:37 am

Eh sì! Infatti ogni volta che vedo il cartello Badi, vi penso!

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Adriana Agosto 28, 2017 - 9:06 pm

Mi ricordo di quando andavamo al mare da bambini.
Ci portavamo il telo, una bottiglia d’acqua, un vecchio lenzuolo bianco con cui montavano una specie di tepee sulla spiaggia (le canne le trovavamo li), a volte un po di frutta.
35 anni dopo con famigliola di parenti stretti: ombrellone, borraccia thermos, canotto, altro canotto a forma di canoa perché si decide quale gonfiare a seconda delle onde, pompa per gonfiare, secchio con ancoretta per sostare al largo, remi, materassino, tavola da surf per il bambino (mai usata ma potrebbe venirgli voglia), secchielli, palette e altri giochi, bracciali salvagente, scarpe da sabbia, qualcosa da mangiare e ovviamente creme solari, specchietti ecc.
Le sdraio non me le ricordo.
Forse ho rimosso.

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Grazia Cacciola - erbaviola Agosto 29, 2017 - 5:39 am

Adriana, hai colto perfettamente quello che volev dire: perché non riusciamo più ad essere semplici?

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Adriana Agosto 29, 2017 - 9:15 am

Grazia, io ci provo e sono abbastanza contenta di come mi conduco. È in parte un processo attivo del tipo ” serve davvero a me o serve a te farmi credere che serva a me?” in parte è anche carattere, credo.

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Stefania Agosto 28, 2017 - 9:21 pm

Bellissimo e verissimo ciò che affermi nel tuo articolo, basta un oggetto in più che entra ed è fatta la disfatta!! Quest’articolo cade a cecio proprio oggi che sto per preparare il mio mini trolley per le nostre macro vacanze ad Ustica…beh non trovo gli occhialini da mare graduati, visto che sono più che cecata spero di non averli dati via nel raptus konditesco!

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Grazia Cacciola - erbaviola Agosto 29, 2017 - 5:42 am

Spero che tu nel frattempo li abbia trovati!!! I raptus konditeschi sono terribili, spero almeno che tu ci abbia parlato e li abbia ringraziati e rassicurati prima di darli via! ?

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andrea Agosto 29, 2017 - 1:49 pm

ciao
spezzo una lancia in favore del tuo compagno 🙂
credo non sia fruttuoso concentrarsi su un unico aspetto (la semplicità) sminuendone altri (la comodità, la varietà di attività/sensaszioni).
un ombrellone è oltremodo utile se la pineta ti annulla il panorama.
una sdraio è comoda (una sedia reclinabile con braccioli è comodissima :-)) se l’alternativa è stare seduti a terra.
un materassino gonfiabile ti permettte di godere una sensazione a cui, senza quello, devi rinunciare.
poi ovvio non si deve esagerare, ma per una giornata intera queste cose si portano (più frigo, libro, telo, scarpette) senza essere hulk e permettono di godersi al meglio la giornata.
se invece si tratta di meno ore chiaramente si può rinunciare anche a tutto…

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Grazia Cacciola Settembre 1, 2017 - 6:29 pm

Epilogo. Il giorno dopo questo post siamo andati in una spiaggia attrezzata con due lettini e tenda (una specie di capanno di robinson crusoe che ora va molto di moda). Svolgimento: ho passato la giornata a spostare il lettino in base al sole, perché questi capanni sono veramente noiosi e fanno ombra a tre metri da dove sono, così devi fare lo slalom tra le varie ombre dei capanni. Il lettino manco a dirlo era pesantissimo, quindi il trascinamento poco agevole. L’obbligo di stare nello stallo assegnato dal bagno ci ha inflitto una giornata di chiacchiere stridule della vicina di capanno, la quale era una prof delle medie che conosceva mezza spiaggia e invitava tutti a chiacchierare sotto il suo capanno. La ricetta della pizza napoletana con la scarola, ripetuta a cinque diverse persone, ormai la detesto. L’impossibilità di spostarsi come su una spiaggia libera è soffocante. Ho passato il resto del tempo con le cuffie per non impazzire, ma non ho potuto sentire i suoni della natura che sono quelli che amo di più: dal mare ai gabbiani era tutto sovrastato dagli urletti striduli e cacofonici della signora prof. Continuo a pensare che le spiagge libere, soprattutto se difficili da raggiungere come quelle delle foto sopra, siano molto meglio. E con meno cose possibili. La sensazione della sabbia sotto i piedi la vorrò ricordare tutto l’inverno.

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Andrea Settembre 1, 2017 - 7:37 pm

“Continuo a pensare che le spiagge libere, soprattutto se difficili da raggiungere come quelle delle foto sopra, siano molto meglio.”
Anch’io, assolutamente.
L’ennesima conferma quest’anno al Conero: la spiaggia preferita è Mezzavalle, perché raggiungibile solo a piedi con strada ripida e lunga. Ciò seleziona l’affluenza in quantità e qualità 🙂
Ma se avessimo avuto solo il telo, non sarebbe stata una giornata così piacevole!
La spiaggia privata è chiaramente non adatta a chi ama la natura.. ma “incolpare” le sdraio è una forzatura.. vedo una percorribilissima via di mezzo 🙂

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Grazia Cacciola Settembre 11, 2017 - 5:12 pm

Comincio a sospettare la tua connivenza con la mia metà… ti ha pagato, vero? 😀

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Eleonora Settembre 9, 2017 - 11:55 pm

Anche dalle mie parti le “spiagge” sono distese di sassi puntuti, da raggiungere con sentieri decisamente lunghi e ripidi che spingerebbero alla voluntary simplicity il consumista più sfrenato.
La dotazione standard del bagnante-sherpa è composta da tappetino da yoga, cuscino gonfiabile e cappello di paglia: tre oggetti che insieme pesano pochi grammi ma servono, rispettivamente, a smorzare i sassi, favorire la lettura (o il sonnellino) ed evitare le guance a braciola (durante il sonnellino di cui sopra).
Sì, vabbe’, ormai sarebbe più adeguato un consiglio sulla conservazione dei funghi, ma ero in vacanza e ho letto solo oggi.

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Grazia Cacciola Settembre 11, 2017 - 5:14 pm

Ecco, ottimo! Ho saltato la parte in cui ho valutato il tappetino yoga dicendomi poi che no, è nuovo nuovo, costoso e voglio che mi duri tanti anni, non lo posso piazzare sulle pietre, non se ne parla 😛
Nonostante il periodo più adatto alla conservazione dei funghi, io spero ancora in qualche giornata di sole adatta a gite al mare … e sono attrezzata! Incrociamo le dita che l’inverno poi è lungherrimo 😉

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Maria Vittoria Settembre 14, 2017 - 4:35 pm

Io ho risolto così : non vado in spiaggia. Odio stare al sole. Se ho voglia di bagno riempio la vasca e buonanotte. Inoltre,mi perdonino le mamme, ma al mare i bambini ti fanno seriamente riconsiderare la fama di Erode…

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Grazia Cacciola Settembre 20, 2017 - 8:18 am

Concordo sui bambini ma anche certi adulti… io comunque quell’aspetto l’ho risolto scegliendo spiagge dove i bambini pagano come gli adulti. Per qualche motivo, le spiagge ‘bambino gratis’ attirano più clientela urlante. 😉

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daniela Settembre 29, 2017 - 5:51 pm

fantastico il link con il video di aldo fabrizi e ave ninchi!!!! anche il monologo all’inizio dove se si prende il taxi non va bene ma nemmeno se si prende il tramve!!!!
ho gustato tutto il post…maicol e kinderpinguì mi hanno fatto sganasciare!!!!…..io personalmente finisco sempre per portarmi dietro troppe cose…devo ancora affinare l’arte dello zen e del solo telo mare!!!

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Veronica Aprile 11, 2018 - 3:06 pm

Ciao Grazia, ti leggo da anni e ogni tanto ho lasciato qualche commento. Volevo solo dirti che il tuo blog porta con sè una tale calma e serenità che, subito dopo averlo letto, uno sente che può fare qualsiasi cosa e che i veri ostacoli si trovano soltanto dentro di noi.
Grazie di farmi compagnia in questo pomeriggio di pioggia nella grigia città di Torino.

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