Lavorare da casa è questione di forma mentale in due modi: richiede una forma mentale diversa per farlo e ha bisogno che la forma mentale della società nei confronti del lavorare da casa si evolva.
Una delle affermazioni che mi sento rivolgere più di frequente quando dico di aver ottimizzato la mia attività per lavorare da casa e riuscire così a vivere a basso impatto è: “Beata te!“. Oppure passano subito a chiedermi “Quali lavori si possono fare da casa?“. Ecco, questo credo che sia indicativo sia di un desiderio diffuso di sottrarsi ai ritmi del pendolarismo, ma anche di un atteggiamento mentale dipendente da vecchi retaggi ideologici di molte generazioni fa. Io credo che oggi ci siano molte possibilità di lavorare da casa, ma che farlo resti appannaggio di pochi perché in Italia manca la cultura giusta per farlo, mancano le possibilità e spesso l’impegno per cambiare la propria forma mentale nei confronti del lavoro.
Giorni fa parlavo per caso di questo argomento con alcuni colleghi e collaboratori che hanno fatto la mia stessa scelta di lavorare da casa e tutti eravamo concordi su un punto: è difficile farsi prendere sul serio, soprattutto da chi lavora magari da trent’anni con un’impostazione vecchio stile. Per vecchio stile intendo chi concepisce ancora solo il lavoro da dipendente con un’ora minimo di traffico, obbligo di soggiorno in un ufficio dove negli anni ci si sente incarcerati, un’altra ora minimo per tornare, rapporti di famiglia relegati a un paio di ore serali che languiscono nella stanchezza e spesso vengono occupati da un televisore.

Lavorare da casa. Tutte le mattine Koi mi aspetta sulle scale per andare ad aprire lo studio
Negli anni mi sono resa conto che le persone hanno principalmente due reazioni alla scoperta che, chi lo desidera, può vivere in un altro modo, lavorare da casa e persino avere una carriera più che dignitosa. Le persone si dividono in due gruppi. Il primo è un folto gruppo che si sente abbandonato e tradito. Chi sei tu per toglierti dal tritacarne del pendolarismo e dall’obbligo di soggiorno diurno in un ufficio con altri simili che magari fuori non frequenteresti nemmeno sotto tortura? Come ti permetti? Come ti permetti di mostrarmi che si può vivere in un altro modo? Sicuramente tu puoi lavorare da casa solo perché sei ricca / non lavori davvero / qualcuno ti mantiene / sei sfacciatamente fortunata / sei una furbacchiona / sei pigra. Queste sono solo le supposizioni principali e le trovo piuttosto divertenti! Cosa non riesce a produrre la fantasia di alcuni pur di farsi opposizione da soli e tenersi incatenati in una situazione scomoda ma conosciuta…
Queste persone, se ci fate caso, non si sognerebbero mai di contestare il fatto che il loro dermatologo o il loro avvocato abbia uno studio privato annesso alla casa – ovvero abbia scelto di lavorare da casa! – ma se tu svolgi una professione del terziario avanzato da uno studio annesso a casa tua, sei automaticamente meno credibile. Così molti di noi affittano spazi di rappresentanza in città per fare riunioni spesso inutili e costose, a carico di aziende-clienti la cui dirigenza ha bisogno fisicamente di stare in una sala riunioni a generare delle supercazzole. Sì, avete letto benissimo, intendevo proprio supercazzole. E’ quello che io percepisco uscire dalla maggior parte delle bocche di certi dirigenti italiani quando mi parlano. Dopo cinque minuti inizio a chiedermi tra me e me “Dai, mi sta prendendo in giro… è uno scherzo…mi sta facendo la supercazzola…“. Invece è vero. E io sono quella che deve capire la supercazzola, farla diventare un progetto e tradurla ai tecnici, i quali in genere mi rispondono che non si può fare o che ci vogliono ottanta mesi e tecnologie non ancora inventate. E’ anche uno dei motivi per cui con gli italiani lavoriamo il meno possibile (ok, anche perché gli italiani hanno scarsa attitudine al pagamento puntuale, vogliamo fare un paragone con i francesi che pagano in anticipo? Non c’è gara).
Volete un esempio concreto di supercazzole alla portata di tutti?
“Vorremmo nella parte sopra del sito una striscia luminescente a tratti lampeggiante” (soluzione: un banner orrendo);
“Il sito non è interattivo” (il megadirettore aveva messo così tante protezioni al suo pc che non vedeva più link e leggeva da mesi solo le homepage);
“il sito non è interattivo” (sì questa è gettonatissima, dev’essere su qualche guida tipo “Espertoni di comunicazione in 24 ore” – comunque qui riportava un’affermazione del nipote undicenne che “ne capisce di web”);
“il sito non è interattivo e ci sono solo delle pagine web” (pensa, di solito nei siti mettiamo anche panini e bibite, questa volta solo le pagine web, ti è andata male);
“Voglio il sito www.x.com, non importa quanto costa, spiegate a questo Nick che spetta a noi che siamo…” (sì, non è una crocetta di circostanza, voleva proprio x.com dal NIC, National Information Center – e giorni per spiegare che non è possibile, neanche se sei Charles Xavier )

A volte non lavoro da casa ma altrove, qui Like A Zoo, Bologna, uno dei miei posti dove ricaricare le pile in città.
Un altro aspetto che ha molto a che fare con i preconcetti sul lavorare da casa e impostazioni mentali vecchie, è l’allergia alle videoconferenze. Io per esempio riesco a lavorare tranquillamente in videoconferenza con americani, inglesi, francesi e persino russi, ognuno a casa sua, ma un accidente che si riesca con gli italiani! Tra i meno peggio ci sono quelli che accettano l’idea ma usano la chat multipla di Messenger (messenger! devo aggiungere altro?) e ti mandano man mano gli screenshot di questo e quello… ovvero la videoconferenza preistorico-dilettantistica!
Ma i peggiori in assoluto sono quelli che le riunioni le fanno solo di persona. Con questi, devi prendere un Frecciarossa per tre ore, farti un aerosol di polveri sottili, rischiare una polmonite per la combinazione tra i continui sbalzi tra aria condizionata dentro e asfalti roventi fuori, mentre nelle sale riunioni quei filtri mai puliti ti vomiteranno addosso polvere e virus, infine pranzare con la peggio porcheria precotta dei loro ristoranti del centro e il tutto per decidere qualcosa che in videoconferenza avrebbe richiesto solo mezz’ora. E’ la forma mentale ad essere sbagliata nelle aziende italiane, compresa quell’altra forma mentale per cui lavorare da casa pensano che costi meno, quindi da te si aspettano prezzi inferiori. Approfitto qui per inserire notizia banale ma che mi pare poco diffusa: la Apple non applica sconti sugli iMac a chi decide di lavorare da casa. Nemmeno l’Enel.
Comunque, se volete una prospettiva concreta di come sono realmente queste riunioni, questo video è eccezionalmente realistico anche se purtroppo solo in inglese (ma con sottotitoli). Uno dei motivi del mio lavorare da casa era nell’evitare questo tipo di riunioni, ma con gli italiani non ho ancora avuto successo. Quindi lavoro solo con selezionatissimi in grado di comprendere l’idea di lavoro a distanza, perché c’è solo una soluzione per non soccombere a chi vuole sette linee rette ognuna perpendicolare a tutte le altre, di cui due trasparenti e una a forma di gattino. La mia è banalmente non lavorarci. (Qui sorge tutto il discorso “Tu puoi permettertelo, non si rifiutano i lavori bla bla bla.” Di questo prometto che ne parleremo un’altra volta, merita un capitolo approfondito).
Il secondo gruppo dei reattivi al lavorare da casa, un gruppo più piccolo, è invece quello dei “Beata te, spiegami come farlo!” e con questi chiacchiero volentieri. Il limite, però è che spesso cercano solo la formula magica, ovvero che io gli sveli l’indirizzo dove ricevere uno stipendio fisso lavorando da casa propria, magari con il portatile sul tavolo della cucina mentre con una mano girano il sugo. Ecco, quel tipo di lavorare da casa non esiste, che io sappia.
In generale, se il primo pensiero che avete alla frase “lavorare da casa” è di voi stessi che fate un sacco di attività divertenti tipo bagni al mare alle 10 del mattino perché non avete più orari fissi, io sconsiglio caldamente di lasciare il posto fisso. In genere, diventa un progetto fallimentare e dopo aver passato qualche mese a dedicare la maggior parte della giornata ad attività private (che si dilateranno in maniera proporzionale a tutto il tempo che avete), a chattare con gli amici che a fine mese prenderanno comunque uno stipendio, al contrario di voi, e a guardare quei video divertentissimi su youtube che non potevate guardare in ufficio con il capo alle spalle… beh, avete capito anche voi. Lavorare da casa così, sarà un’idea fallimentare.
Pensateci un attimo: se sognate da sempre di andare per mare in barca a vela, cosa fate? Prendete lezioni di vela, comprate la barca, vi attrezzate e partite. Non vi iscrivete a un corso di sci, comprate una moto e partite in crociera. Nello stesso modo, se volete lavorare davvero da casa, il primo pensiero sarà come lavorare, non come utilizzare il tempo libero o come passare la pausa caffé. Il primo pensiero sarà come cambiare l’attività, attrezzare lo spazio per uno studio o quel che necessita, trovare i clienti ecc. Se invece il primo pensiero che vi è venuto alla locuzione “lavorare da casa” è di tutte le belle cose da fare nel tempo libreo… vi dico per esperienza che farete un’immane fatica e nella maggior parte dei casi sarà stata inutile. Perché è proprio la forma mentale a dover costituire il primo cambiamento del lavorare da casa.

Lavorare da casa: il coffee break è pausa tisana in giardino
Le statistiche americane sul lavorare da casa, dicono che i professionisti che gestiscono la loro impresa da casa sono in aumento grazie a internet, sono più soddisfatti, meno stressati e più produttivi. Quindi non sono dei pigri perdigiorno che fanno quel che gli pare guadagnando per pura fortuna e casualità.
Non ho trovato però statistiche sull’Italia, a parte qualche triste grafico inguardabile sul telelavoro che, però, è ben altro. Quello che ho deciso di fare io, invece, come molti delle nuove generazioni, è di lavorare da uno studio che, nel mio caso specifico, é al piano di sopra di casa mia. In mezzo a un bosco, in cima a un colle, a un’ora dalla città più vicina. Consumo meno risorse energetiche, dall’auto, ai mezzi, fino alle strutture degli uffici che hanno un costo ambientale enorme. Ma quando lo dico, continuo a sollevare sempre e solo quei due tipi di reazioni: l’aria sognante di chi vorrebbe evadere dal pendolarismo e il disappunto di chi immagina scenari di sfaticati in pigiama, svaccati su divani rotti. Eppure, lavorare da casa è una realtà in molti paesi europei, non solo in America. Secondo molti tra cui la sottoscritta, è un concreto futuro abitativo.
Perché allora in Italia non esiste nemmeno una statistica? Nessuno ci ha notati? Dal punto di vista ecologico, chi sceglie di lavorare da casa è una scelta vincente: non siamo pendolari, non utilizziamo nessuna fonte di energia per raggiungere un’azienda lontana da casa e in media consumiamo meno anche durante la giornata operativa, soprattutto per l’assenza di infrastrutture enormi. Una volta questa sistemazione era possibile solo per pochi professionisti, per la maggior parte giornalisti, commercialisti, medici e avvocati con lo studio nello stesso palazzo o direttamente dentro casa. Oggi internet ha cambiato lo scenario, creato nuove professioni e alleggerito le vecchie. Ripenso per esempio a Natalia Ginzburg che correva in redazione con la rubrica battuta a macchina sotto il braccio e le sue scarpe bucate che facevano scic sciac nella pioggia. Io, finito un articolo lo spedisco via email, da questa casina nel bosco fino a Milano, senza nemmeno infilarmi le scarpe. Una bella differenza!

Lavorare da casa: dopo il lavoro, invece del traffico, una passeggiata nel bosco
Però la società italiana non si è ancora adattata a questa rivoluzione lavorativo-abitativa, tanto che in genere veniamo visti come esseri bizzarri e, diciamocelo, gente poco seria!
Il problema si presenta già a partire dalla ricerca della casa: coppia che vuole almeno tre-quattro camere da letto (perché due diventeranno gli studi per lavorare da casa). Segue agenzia perplessa dalla tua abilità di generare prole per tutte queste camere da letto. Ma mai dirgli che lavori da casa: è come dire che fai lo spacciatore, anzi, forse lo spacciatore lo prendono più sul serio, viste le entrate. Non si capisce perché un professionista che lavora da casa intimorisca così tanto gli affitturari o gli agenti immobiliari. Magari trascorrono 40-50 ore a settimana lavorando chiusi in ufficio ma ti chiedono “Non ti stanchi a stare tutto questo tempo chiusa in casa?”. Onestamente, mi stancavo molto di più a stare tutto quel tempo chiusa in azienda.

Lavorare da casa: pranzi e happy hour sono sotto la pergola, vista colli
La famiglia poi metabolizza la scelta casa-lavoro in modi surreali: c’è una legge non scritta per cui chi lavora da casa viene promossa casalinga, di questi pericoli del lavorare da casa e come gestirli ne avevo già parlato. In conseguenza del tuo nuovo status di casalinga ad honorem, è lecito telefonarti alle dieci del mattino per raccontarti dei reumatismi della zia (tanto sei a casa, no?), oppure chiederti di andare a fare una fila in posta, tanto tu hai tempo. L’interruzione è poi un rito: non vedono alcuna differenza tra te seduta alla scrivania vestita di tutto punto che parli al telefono con un cliente e l’altra versione di te in tuta che vai a yoga, quindi è lecito irrompere nella stanza con saluti e informazioni random su cosa mettere nella lista della spesa.
Io, dopo quattordici anni a lavorare da casa, sono felice della scelta, mi permette di vivere in un posto meraviglioso e di gestire una vita a basso impatto. Ma ho 5 regole ferree che riassumono l’essenza delle 11 regole per lavorare da casa. Zona lavoro invalicabile. Telefonate solo su appuntamento. Irreperibile per la famiglia e amici in orari di lavoro, salvo urgenze reali. Mai lavorare in pigiama o in tuta. Uno spazio in coworking in città, per incontrare colleghi e clienti (mai dargli il vizio di venire a casa o alcuni arriveranno a tutte le ore).
A proposito, hai già visto il nuovo corso Cambio vita, mi reinvento? Le prossime date sono 8 luglio Rimini e … iscriviti alla newsletter per ricevere il programma completo non appena verranno pubblicate le date di Milano, Roma, Torbole sul Garda, Bologna, Firenze e Napoli. Approfitto per un avviso: il corso di Rimini è quasi esaurito, gli organizzatori mi comunicano che procederanno in ordine di arrivo delle caparre per assegnare gli ultimi posti rimasti.
8 Commenti
A firenze o Napoli vengo ❤️
che bello! ^_^ A Napoli comunque, perché a Firenze è stato impossibile organizzare.
il video è geniale!!!! quando anche io lavoravo per una multinazionale ho assistito a cose simili…
Sì Daniela, credo che la maggior parte che ha lavorato in grosse aziende abbia visto riunioni del genere più volte 😀
Bellissimo articolo! Ho cominciato da poco a lavorare come freelance e mi ritrovo pienamente in quello che descrivi… Gli 11 punti sono utilissimi! Dovresti scrivere un libro sull’argomento io lo prenderei subito!!! 😀
Per la tua felicità… lo sto scrivendo! 😀 Sono felice che ti siano stati utili i punti… un abbraccio!
Cara Grazia, ho appena visto l’annuncio del corso di Rimini su facebook ma non riesco a lasciarti un messaggio lì- Potresti dirmi se ci sarà anche in altre città? Rimini è troppo lontana da me (sono a Salerno) Grazie! Ti seguiamo da anni, finora abbiamo potuto ascoltarti solo su youtube e in tv… il corso sembra fatto apposta per me e mia moglie, perché siamo proprio intenzionati a cambiare tutto con un progetto di agriturismo ma siamo un po’ frenati nel cominciare e organizzare. Ci piacerebbe tanto seguire il corso dal vivo! Francesco e Silvia
Ciao Francesco e Silvia, sarete felici allora di sapere che siamo riusciti ad organizzarlo a Napoli! ^_^ Vi consiglio di iscrivervi alla newsletter per ricevere subito le date, appena verranno pubblicate. Intanto un abbraccio per il progetto, ne parleremo molto volentieri!