Minimalismo concreto e minimalismo apparente

da Grazia Cacciola
zona pranzo erbaviola casa nel bosco

I miei lavori di semplificazione in casa si sono arrestati a beneficio di giorni di intenso, intensissimo, lavoro. Molti progetti stanno arrivando a termine, molti impegni tendono ad accavallarsi e devo essere sempre pronta per far fronte a tutto. Periodi che capitano e che affronto ormai con la serenità mentale di chi sa che arrivano a un termine e ci sarà tempo per occuparsi di altro. A tal proposito, ho aggiornato la pagina degli eventi con le prossime date, ci incroceremo da qualche parte?

Intanto penso e osservo quanta strada ho percorso e le nuove mete da raggiungere. Ormai mi sembra sempre più imperativo semplificare maggiormente tutto, vita e lavoro, cose concrete e pensieri, gli attrezzi della cucina come il modo di affrontare la giornata, il lavoro, i progetti.

Ho già semplificato molto negli anni e so per esperienza che semplificare non è un lavoro conclusivo. Ci saranno sempre periodi in cui, come appena successo, mi renderò conto di aver accumulato troppe cose e che queste mi stanno dando un senso di oppressione. Perché le cose non occupano solo spazio fisico, occupano anche e soprattutto spazio mentale. Sapere cosa si ha. Se lo si ha. Come funziona. Dove è stato riposto. Tutti slot mentali che vengono occupati da oggetti, magari utili e funzionali. Ridurli al minimo necessario è il mio traguardo attuale.

mobile in legno massello restaurato

Poi c’è quello che io chiamo “minimalismo apparente“. Case all’apparenza ordinatissime e ripiani privi di oggetti inutili, linearità ovunque. Salvo aprire ante e armadi scoprendo che ci sono otto frullatori dimenticati, cinquanta vestiti non indossati da anni, libri mai letti… e la mente continuamente impegnata nell’identificazione di questa massa di oggetti ogni volta che si cerca qualcosa.

Sto tendendo pericolosamente a un minimalismo zen? Non credo. Per quanto possa essere affascinata dal design contemporaneo e dalle linee pulite e nette di certi ambienti, non mi sentirei mai a casa in un posto del genere.
Ho bisogno di un ambiente caldo, colorato, che mi rispecchi sia nell’uso che nel gusto. Ho bisogno fibre naturali, legno, luci calde, oggetti recuperati e tutto ciò che mi fa sentire a mio agio.

zona pranzo

Il minimalismo concreto per me è non avere nulla di più di quello che mi serve e mi piace, ma nulla di più di quello che può stare in casa senza renderla scomoda.
Sembra una meta semplice da raggiungere ma tutti tendiamo a non buttare l’orrenda statuetta regalata da qualcuno di affettuoso. Alcuni come me la chiudono in un cassetto, salvo poi trovarsi con più cassetti pieni di gingilli assurdi che non rispecchiano il proprio gusto o l’ambiente. (E questa, tra l’altro, è una delle ragioni per cui, salvo richieste specifiche, regalo solo cibo o cose utili, mai soprammobili, quadri e cose da esporre, lo trovo ineducato).

Poi in Italia abbiamo altre usanze che tendono ad estirpare il minimalismo da ogni casa: per esempio le bomboniere. Sebbene tutti siano convinti che la propria bomboniera sia superlativa, la verità è che qualunque bomboniera infligge un duro colpo al gusto e alla pazienza di almeno metà degli invitati. Ho adorato l’idea di due amiche per il loro matrimonio: una piantina di limone in un bel vasetto per una e un sapone artigianale alla lavanda in una scatolina di legno per l’altra. E i miei cassetti felicemente leggeri.

Non avere nulla di più di ciò che ci piace… in Italia è un lavoro di pubbliche relazioni in cui non si deve offendere la zia che ci ha regalato una cassettina porta chiavi da muro che a lei piaceva tanto, mentre tu detesti anche solo l’idea dell’oggetto e non ci sarà mai una forma o un colore in grado di convincerti all’esposizione di tale ammennicolo (l’esempio è squisitamente personale). Ma è un lavoro di mediazione che va fatto. Se avessi appeso quel portachiavi, avrei una pessima sensazione ogni volta che entro in casa.
Magari qualcuno può pensare che io sia superficiale, che si possa vivere ovunque benissimo. Secondo me non è così. Plasmiamo il nostro ambiente circostante e ne subiamo l’influenza in un gioco continuo di dare e avere.
Alcuni lo plasmano in modo che si uniformi al gusto comune, perché la paura di non piacere a chi entra è preponderante. Purtroppo, se l’esigenza è quella di ricevere l’approvazione della massa, finiremo per avere una casa uniformata e lo sarà anche il nostro pensiero. Difficilmente chi ha un pensiero creativo e indipendente può trovarsi a suo agio in una casa conformata alle regole borghesi dell’arredamento. Più facilmente, si troverà a suo agio in una casa in cui colori e oggetti sono scelti in base al suo pensiero, al suo sentire, ai suoi bisogni.

Ma la vita è complicata, le cose tendono ad accumularsi soprattutto se si vive in coppia, così ogni tanto c’è da ricordarsi quali benefici si traggono da una casa davvero minimalista. Ho deciso di appuntarmeli a lavori in corso, per ricordarmi.

Mako alla finestra con le sue tendite crochet
Questa è la mia lista e, come vedete dalle foto, la mia casa non si può definire minimalista nel senso dell’interior design, ma rispecchia me, l’uso che ne faccio e il senso di pace e tranquillità che ne traggo vivendoci. Questo è il minimalismo concreto, reale, quello che preferisco.

Benefici della riduzione di oggetti e di un minimalismo concreto della casa

  1. Serenità mentale. Gli oggetti che non ci piacciono davvero o di cui non siamo convinti, sono una distrazione continua per la mente. Meno ne abbiamo, meno saremo inconsciamente stressati dal fatto che ci vengono continuamente riportati alla mente e la mente, che lo vogliamo o no, si sofferma a pensare “Che brutta quella roba, devo trovare una soluzione, devo devo devo…“.
  2. Facilità di vita domestica. Avere solo le cose che servono vuol dire trovarle subito quando se ne ha bisogno. Avere un cumulo di cose che “potrebbero servirmi un giorno” o di cose non utilizzate da anni è solo un ostacolo tra noi e la serenità mentale, perché ogni volta che cercheremo qualcosa dovremo scalare la montagna dei “potrebbero servirmi” nella lunga ricerca dei “mi serve ora ma non lo trovo“.
  3. Più tempo libero. Pensiamo di faticare a trovare un oggetto una volta a settimana, per cinque minuti. “Dove sono le forbici? chi ha preso le forbici? Dovrebbero essere qui oppure qui…“. Cinque minuti passano in fretta. Ma sono più di 4 ore all’anno e 6 giornate lavorative ogni 10 anni. L’idea di passare un’intera settimana di lavoro ogni 10 anni a cercare oggetti in casa la trovo un’ottima motivazione per liberarmi di quello che non uso o non mi piace! Preferisco una settimana di vacanza, voi no?
  4. Una casa che ci rispecchia. Che sia piena zeppa di ninnoli o vuota come un monastero buddista, l’importante è che il luogo in cui abitiamo ci rispecchi. Ma se è piena di ninnoli perché dobbiamo esporre le bomboniere dei nostri cento parenti che non oseremmo mai contrariare, oppure se è liscia e lineare perché la moda o l’architetto vogliono così, o perché vogliamo essere valutati come persone di stile sperando che lo stile di un mobile sovrascriva la percezione della nostra persona, questa non sarà mai una casa rilassante e confortevole. Per la nostra mente sarà un continuo esercizio di sopravvivenza e questo tipo di esercizi sul lungo periodo sono i più stressanti, anche se non ce ne rendiamo conto.
  5. Accettazione di sé. Permettere alle persone l’ingresso in una casa che ci rispecchia ma che non rispecchia gli ultimi dettami dell’interior design è un atto di coraggio ma anche l’affermazione che non si ha necessità di assomigliare a nessuno per esistere. Ogni volta che apriamo la nostra casa a qualcuno, gli permettiamo di vedere una parte importante del nostro mondo. Quello che mostriamo può essere omologazione alla massa o concretizzazione del nostro gusto e pensiero. E’ una nostra scelta che va ben oltre lo stile dell’arredo.

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20 Commenti

Barbara Aprile 11, 2015 - 5:09 pm

“Perché le cose non occupano solo spazio fisico, occupano anche e soprattutto spazio mentale.”
Direi che questa frase sintetizza molto bene il senso di disagio che molti, troppi non riescono a comprendere quando entrano dentro la propria casa.
Lungi dall’essere un esempio per qualcuno, anche io tergiverso parecchio quando si tratta di donare o semplicemente gettare oggetti che non utilizzo più.
Pensare che prima o poi verranno impiegati per una tristissima volta, ci distoglie dal comprendere quanta energia e spazio vitale essi ci tolgano ogni giorno.
E’ sicuramente più gratificante sapere che quelle scarpe che tu non indossi verranno consumate fino all’osso da altri piedi, piuttosto che rimanere intonse nella tua scarpiera. Così come per i diecimila set di posate (ereditati) che ti porti appresso da vent’anni: quintali di ferraglia e di energia inutilizzata.
Ricomincio anche io, oggi. Ricomincio proprio dalla scarpiera. E pazienza se mi scapperà una lacrimuccia nel dividermi da quelle belle scarpe rosse: non sono gli oggetti a contare qualcosa nella nostra vita, ma le esperienze che facciamo anche grazie ad essi.

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Grazia Aprile 18, 2015 - 11:01 am

Infatti Barbara, è proprio così! Troppe cose ci frenano nel vivere delle esperienze concrete. Continuare a riordinare, sostituire, pulire ecc. quando le cose sono tante, non è vita, è come vivere incatenati. La casa deve essere invece una tana accogliente, non un’ennesima fonte di preoccupazione, altrimenti fallisce il suo ruolo.

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Sara Aprile 11, 2015 - 9:45 pm

Ohhhh, lo sai quanto mi piacciono questi tuoi post, vero?
Con ciò che mi sta attendendo (ovvero a breve concentrare nella vecchia casa dei miei ancora ingombra di loro cose tutte le mie cose più quelle del mio compagno più quelle di una bambina), ecco, ogni spunto di riflessione sulle scelte che dovrò compiere per me è oro.
Prima del trasloco mi prenderò un paio di giorni per rileggerti e pensare 🙂

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Grazia Aprile 18, 2015 - 11:04 am

Sai che ci sono sempre se hai bisogno una mano! 😉 Sicuramente sgomberare cose vecchie lasciate da altri è un compito difficilissimo… quando è capitato a me, ho lasciato l’impresa e mi sono trasferita altrove, era davvero eccessivo dover convivere con i ninnoli e gli orpelli scelti da altri e che non si erano portati via perché “non c’è spazio”… lasciandoli tra le scatole a me che non potevo rimuoverli senza offendere chi li aveva lasciati! Troppo complesso, è stato più facile prendere un’altra casa! 😛

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Vale Aprile 12, 2015 - 3:38 pm

Post meraviglioso.
E la chiusura! “un atto di coraggio ma anche l’affermazione che non si ha necessità di assomigliare a nessuno per esistere.”
Proprio così! ^_^

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Grazia Aprile 18, 2015 - 11:06 am

Sempre! Io ho il terrore delle persone con la casa-showroom, sono una montagna di insicurezze e problemi camuffati da ordine e rigore… vade retro! 😀 Una casa vissuta con scelte indipendenti da mode e forzature è sempre sintomo di menti più libere e positive 😉

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Daria Aprile 12, 2015 - 10:41 pm

Sottoscrivo tutto di questo post e mi ritrovo in pieno nelle considerazioni. Anch’io regalo solo cibo o cose utili e spesso mi sono ritrovata a mettere nei cassetti bomboniere e regali vari. Per fortuna ogni tanto con l’associazione organizziamo delle belle feste del baratto dove porto tutto quello che non sento mio ma che magari ad altri piace.
A presto!

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Grazia Aprile 18, 2015 - 11:07 am

Ciao Daria, che bello ritrovarti! ^_^ A me piace tantissimo la tua cucina e l’aria di felicità che hanno sempre i tuoi bimbi!

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Francesca Aprile 13, 2015 - 11:41 am

Probabilmente se vedessi casa mia la definiresti molto “zen”: mobili molto lineari, niente soprammobili e gingilli vari in giro, pareti spoglie..dopo 3 anni non abbiamo ancora nemmeno cercato dei quadri che ci piacciano! Molti penserebbero che la ns. casa è poco personale o fredda, ma per noi non è assolutamente così. A me disturbano la vista i troppo oggetti in giro, i ripiani dei mobili pieni di oggetti solo per riempire lo spazio…mi manca l’aria! Mi danno serenità le linee pulite e lo spazio..fosse per me toglierei pure i tappeti e le tende!:) Come hai giustamente scritto tu la difficoltà sta nel non presentare una casa impeccabile da fuori per poi aprire gli armadietti e venire sommersi dagli oggetti!

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Grazia Aprile 18, 2015 - 11:11 am

L’importante è sempre che la casa sia adatta a chi ci vive e lo faccia sentire bene! E comunque si capisce sempre quando una casa è zen perché lo sono gli abitanti (e in quel caso ci saranno difficilmente armadi straripanti) e quando invece è zen perché vogliono essere ammirati o perchè l’ha stabilito l’architetto (e in quel caso hai voglia quanti cassetti e armadi pieni di ciarpame!).
Sui quadri però ti seguo: dopo due anni ne ho attaccato solo due perché rischiavano di rovinarsi, dobbiamo darci da fare a decidere per il resto, a quadri siamo un po’ spogli e questo non ci piace!

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Claudia Aprile 14, 2015 - 12:29 pm

Nessuna delle case in cui ho abitato è mai stata personale. Forse di veramente personale ho avuto solo la camera in casa dei miei genitori. E’ che sono sempre stata così sradicata e mobile che non mi è mai sembrato valesse la pena di dipingere un muro di un colore che mi piacesse di più o di prendere un mobile più adatto a uno o a un altro lato della casa, “che tanto tra non molto me ne vado pure da qui”. E’ andata a finire che ora sono nella mia attuale casa da quasi 4 anni, e nonostante sappia, e lo so, che non ci resterò, ho fatto ben poco per renderla mia e per starci al meglio. Mi rendo conto che è stato un errore, tenendo anche conto del fatto che in casa ci ho lavorato e ci ho passato molto tempo. Qui in ogni caso il minimalismo si impone, non c’è spazio per mobili, non riesco a mettere ninnoli nemmeno sulla cornice del camino! Quindi ogni spazio disponibile deve essere utile, niente vezzi, tantomeno le bomboniere della zia! Ho tenuto però una palla di vetro con dentro la neve e la tour eiffel, con su scritto in caratteri dorati “Paris”, odio il kitsch imperante nelle case, ma qualche dettaglio invece mi fa tanto ridere. Non più di un paio però 🙂

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francesca Aprile 15, 2015 - 9:25 am

Ho vissuto (e sto vivendo) pure io questa stessa esperienza, Claudia: ormai otto anni, per lavoro, in una città che non mi appartiene, e i primi sette – addirittura – passati in un appartamento tanto piccolo da togliere il fiato. Tanto, mi dicevo, tra sei mesi sarò fuori di qui, dunque perché affrontare il superlavoro di un trasloco? Ho trattato quell’appartamento come se fosse una casa delle vacanze, o peggio, un dormitorio. Non un soprammobile né un quadro alle pareti. Avessi potuto, avrei lasciato gli abiti in valigia, come si fa quando si sta in albergo. Poi l’anno scorso, dopo l’ennesima occasione di trasferimento sperato e negato, mi è venuto in mente l’insegnamento buddista del “qui e ora”, sacrosanto. Sei qui in questo posto per un motivo (che al momento ancora mi sfugge per la verità) e devi viverlo nella maniera migliore possibile. Come dire: se non riesci a uscire dal tunnel, arredalo. Ho acceso il computer, sono andata a un sito di case in affitto, ho dato un’occhio e ne ho vista una che sembrava avesse le caratteristiche che cercavo. Vista, presa. Ora ci abito da un anno. Non so quanto ancora ci starò, ma almeno ora respiro. E’ molto più grande della precedente, e la variabile spazio è un aspetto decisivo per me che sono un’accumulatrice seriale. Con fatica mi distacco dalle cose, ma sto facendo un lavoro approfondito su di me, perché è verissimo quello che scrive Grazia: la zavorra ti toglie energie che potresti impiegare altrove in cose utili. Work in progress 🙂

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Grazia Aprile 18, 2015 - 11:18 am

Concordo con Francesca. Cara Claudia, ho avuto la tua stessa esperienza e alla fine le conclusioni sono simili a quelle di Francesca. Vale la pena di personalizzarla e renderla propria anche se ci si sta solo un anno. Anch’io sono piuttosto mobile, negli ultimi dieci anni anni abbiamo cambiato 5 case! Nella penultima sono stata investita dalla “sindrome della casa provvisoria” come la chiamo io, così ho vissuto tre anni con pareti bianche, una cucina giallina super anonima e senza forno (!!!), di quelle da grandi magazzini, e niente di niente di ornamentale. Forse anche perché vivevo come un fallimento personale l’essere tornata in appartamento, anche se con giardino, ma sempre in un appartamento. Quando ci siamo trasferiti nella casa attuale, che rispetto all’appartamento era decrepita, ho cominciato da subito a personalizzare, spinta anche dal mio compagno che ama le pareti con colore e sa ottenere gli esatti colori che propongo! Devo dire che mi ci trovo molto meglio, mi sento a mio agio e più di un amico mi ha detto che questa casa mi assomiglia, la precedente no, era un po’ “strana” 😀

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Claudia Aprile 18, 2015 - 12:49 pm

“se non riesci a uscire dal tunnel, arredalo”…mi sembra un ottimo consiglio! Grazie Francesca e Grazia per i feedback, a quanto pare non sono un caso raro 🙂 Più che personalizzare la casa attuale, forse dovrei seriamente cercare un’altra casa in affitto, finchè sto qui…e qui ci possiamo ricollegare all’altro bellissimo post di Grazia “Il lato positivo con i vicini insopportabili”! Da quando ho commentato quel post i miei vicini sono cambiati, ora è arrivata una coppia decisamente civile, educata e simpatica…ma hanno due bambini piccoli nel pieno della loro energia, e le pareti sempre sottili sò…per non parlare del giardino praticamente in comune. Insomma, dovrei prendere due piccioni con una fava!
Un saluto a tutte e due 🙂

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francesca Aprile 18, 2015 - 6:31 pm

Non è una frase mia, credo sia più un modo di dire ma che comunque in questo periodo della mia vita mi calza a pennello: un posto estraneo e l’obbligo – o forse meglio l’opportunità – di farmelo piacere 🙂 Trovare la direzione è il prossimo passo urgente, a partire dal dove e dal come, poi si vedrà.
Ricambio di cuore il saluto e faccio a tutte e due grandi complimenti per i vostri splendidi blog 🙂
A presto

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Claudia Aprile 23, 2015 - 12:24 pm

Grazie, Francesca, della condivisione e di tutto! Ti auguro di trovare presto la giusta direzione, e contemporaneamente lo auguro pure a me stessa 🙂

alice Aprile 15, 2015 - 6:13 pm

già hai ragione, è un pò di tempo ad esempio che rifletto sui libri ( sono arrivata alla terza fila e la libreria si sta un pò scocciando) dopo innumerevoli tentativi e rimuginamenti sono riuscita ad archiviare (cioè in cantina) tre scatole : una raccolta di fumetti, una scatola soprannominata di libri “bruttini”, e una di “bellini” , che sarebbero i doppi o addirittura i tripli, e dizionari (quanti!).
Mi sono poi bloccata davanti ai volumi dell’enciclopedia…e ci sto lavorando su

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Grazia Aprile 18, 2015 - 11:20 am

Perché in cantina Alice? Quando ti servirà riprendere i doppi o tripli volumi? 🙂 Magari ne godrebbe di più una biblioteca locale 🙂 E in cantina avresti più spazio per le conserve! 😛
Anche il pensare di avere una cantina piena di scatole di questo e quello è un impegno notevole! Mentalmente quelle cose non se ne sono andate, sono sempre lì-

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nedhel Aprile 20, 2015 - 10:45 am

Ciao Grazia, leggendo il tuo post mi sono immedesimata molto. E’ splendido togliere le zavorre. Sarà che c’è più spazio per l’aria, ma a me sembra di percepire subitaneamente più energie!
Rispetto a ciò che dicevi però io fatico ancora assai su due aspetti. Il primo è conciliare il minimalismo con lo stile: ho una cucina di seconda mano recuperata da amici. Non è finita in discarica e, guardandola, mi sento sollevata per questo (e per il risparmio che ha comportato). Ciònonostante non è il mio stile. Come non lo riescono ad essere quasi mai gli oggetti trovati al mercatino dell’usato che seppur riciclati e utili (ed economici) hanno poco stile o fanno a pugni con il resto. E questa cosa inizia a pesarmi. Ma a questo punto come fare a recuperare bellezza e senza rinunciare a valori che comunque sono centrali per me?!
Il secondo aspetto, amico del primo, è il senso di colpa che mi assale ogni volta che mi avvicino al secchio della spazzatura. Sarà che circola ancora molto packaging in casa mia (sob) ma riempire bidoni e bidoni all’anno di vasetti, confezioni, buste mi ammazza. E così lavo e tengo, ma lo stile si estingue definitivamente e lo spazio lo segue a ruota. E magari finisce che quando passo periodi del tipo tuo ultimo (solidarietà massima) mi prendono le crisi da riordino e (con coerenza cristallina direi) elimino tutto senza riguardi e pietà, che Attila fatte da parte!
…c’è una cura vero?!

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Tera Aprile 11, 2016 - 10:24 am

Dopo un buon numero (destinato ad aumentare a breve) di traslochi in diverse città/ regioni/ paesi d’Europa con compagno e cane al seguito sono arrivata alla conclusione che la soluzione migliore, anche se non attuabile purtroppo, sarebbe quella di prendere due monolocali sullo stesso piano. Già immagino il mio:
senza televisione, con libri e dischi come unica eccezione alla regola del non accumulo e il mio cane.
Il suo invece con mega tv stile cinema, dischi, accessori, zine/riviste/volantini dei vari supermarket in giro, evidenziatori scarichi, penne rotte, cellulari non funzionanti etc…Al momento il nostro appartamento è un mix dei due sopra, ma dopo aver felicemente vissuto per 8 anni senza tv non ho mai digerito l’acquisto di un nuovo apparecchio. La cosa che mi fa ben sperare è che a mesi dovremmo trasferirci dalla Germania all’UK e quindi spero che anche lui ne approfitti per disfarsi delle innumerevoli cose che non usa o sono rotte.

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