Avevo promesso questo post sul restauro di un vecchio baule molto tempo fa ma essendo molto lungo e pieno di foto, l’ho accantonato per parecchio tempo tra lavori per restaurare la casa (ancora in corso!) e mille altre cose interessanti da scrivere subito. Visto però che nel post precedente si è parlato del perché è meglio evitare di riempirsi la casa con i mobili in materiali sintetici, truciolato o laccati con vernici tossiche, nei commenti è saltato fuori il discorso del recupero di vecchi mobili in legno massello che volendo è un sistema piuttosto economico ed ecologico per arredare casa con materiali naturali.
Ecco quindi il prima e dopo il restauro del baule:
Oggi questo baule, in una zona di passaggio che porta alla cucina, ospita gran parte della mia scorta di conserve per l’inverno e man mano che si utilizzano, si ripongono qui i vasetti vuoti e puliti, pronti per il riempimento estivo. In questo modo non occupano spazio nei pensili della cucina (ce ne vorrebbero almeno tre!) e soprattutto stanno lontane dalla cucina a legna che scalda tutto il giorno.
Inutile chiedersi dove l’ho comprato, non l’ho comprato: era della nonna di mia suocera, l’ho scovato nell’ormai celebre soffitta di mia suocera, il mio ‘negozio’ di brocantage preferito! Purtroppo in condizioni pessime, tanto che era stato lasciato in garage e utilizzato persino per riporre i vasi da giardino! E’ un classico baule da biancheria o baule della dote, di quelli molto utilizzati tra fine ‘800 e primi del ‘900. Ho dovuto quasi implorare per farmelo dare: mia suocera lo riteneva così in pessime condizioni da offrirmi piuttosto il suo già restaurato… insomma, era così mal messo che riteneva offensivo darmelo! Io però vedevo un po’ oltre gli orrendi strati di vernice marrone… e così sono riuscita a portarlo qui!
L’ho restaurato l’estate scorsa e chiacchierando su facebook era saltato fuori che molti hanno un baule simile in cantina e lo riutilizzerebbero volentieri: si può usare per riporre coperte, piumoni, persino per tenere in modo molto chic la legna per la stufa, come fa la mia vicina di casa. Inizialmente volevo farlo anche io e l’avevo preso per questo motivo, poi visto che non abbiamo ancora trovato/costruito la cassapanca che serve per tenere le conserve, al momento il mio fa da ‘dispensa alternativa’.
Come si vede, esa stato dipinto con una vernice marrone. Penso verso gli anni ’50-’60 quando vai a sapere perché alla gente è venuta questa mania di pitturare mobili e porte di vernice marrone… misteri! Un mio amico sostiene che lo facevano per rendere lavabili i mobili… ma io non ho mai avuto queste difficoltà a pulire mobili di legno. Secondo me poteva essere più una moda del momento, un po’ come adesso con lo shabby chic e tutti quei mobili dipinti di bianco e rovinati apposta per sembrare vecchi e logori.
I problemi principali prima del restauro erano:
– più strati di vernice marrone
– una striscia centrale di vernice arancione antiruggine (!) di cui non mi spiego l’uso sul legno
– perdita di tutte le doghine in legno del coperchio salvo quella centrale
– le due assi del coperchio dissestate e fuori forma, con una fenditura allargata tra le due e coperta con l’unica doghina rimasta
– maniglieria, cerniere e viti arrugginite ma tutte originali e integre in ferro battuto fatte a mano (e leggermente diverse, bellissimo!)
– incastri a coda di rondine con molte fessure, da riassestare e riempire
– perdita della placca copri-serratura frontale
– una delle assi del coperchio, proprio quella frontale, con pezzi di legno mancanti ai margini
– molti buchi di tarli e graffi anche profondi ma niente presenza attuale di tarli
All’interno, per fortuna, la situazione era più che decente. Il legno si presentava solido, incastrato decentemente, solo un po’ fuori forma le assi del coperchio perché più sottili e curvate a vapore, tutte le parti in ferro solo un po’ arrugginite ma recuperabili e solo un pezzo di vecchia tappezzeria da staccare. Soprattutto, ho ringraziato che nessuno avesse pitturato l’interno, perché sverniciarlo sarebbe stato un lavoro enorme.
Prima fase: pulizia e sverniciatura del baule
Sono quindi partita con una passata leggera di carta vetrata sulla parte con fessura, una volta rimosso il bordino. Questo perché qui gli strati di vernice sembravano essere tre, uno in più rispetto al resto del baule. Non ho sverniciato tutto con la carta vetrata perché non so che vernice è stata usata, potrebbe contenere piombo e altri metalli pesanti che, grattando, disperderei nell’aria. Mascherina o meno, non si può inseguire e raccogliere tutto il pulviscolo che si crea.
Ho preparato poi lo sverniciatore ecologico. Non uso la soda caustica per due motivi: primo è troppo pericolosa per me che vengo interrotta o mi distraggo, secondo la soda caustica va sciolta in acqua… e poi dove la butti che è inquinante e le isole ecologiche non la raccolgono? La gente in modo criminale la butta nei lavandini. Meglio usare invece, per la propria salute e per quella altrui, uno sverniciatore ecologico in gel, così i residui si possono avvolgere in carta o stracci usati e buttare nella spazzatura: lo sverniciatore è biodegradabile mentre la vernice che rimuove può non esserlo, quindi va nell’indifferenziata. Per i più fortunati con isola ecologica che raccoglie anche le vernici, va portato lì.
Io di solito metto poco sverniciatore in un barattolo di vetro e procedo lato per lato. Non lo metto mai su tutto il mobile se è di grandi dimensioni, come in questo caso: lo sverniciatore agisce molto velocemente e si rischia che la parte asciughi senza poterla sverniciare.
Una volta lasciato agire lo sverniciatore quei pochi minuti indicati dal produttore (varia da marca a marca), inizio a rimuovere gli strati di vernice con una spatola. Nel caso ci siano decori a intarsio, si usano anche spazzola e spazzolino, più vari oggetti che di solito i restauratori si costruiscono al bisogno per arrivare nei punti più critici. In questo caso sono tutte superfici lisce, quindi basta una spatola media.
Attenzione però a non calcare troppo la mano: come vedete dalla foto, la vernice si è un po’ sollevata e crepata per l’azione dello sverniciatore, lasciando arrivare lo sverniciatore a contatto con il legno. In questo modo il legno si ammorbidisce e la spatola, tagliente, se troppo calcata può lasciare dei segni nel legno. Meglio andare leggeri e semmai passare più volte, come nella foto.
Ed ecco qua il primo lato sverniciato che lascia emergere le prime venature del legno e un po’ di rattoppi … con gesso! Queste sorprese sono piuttosto comuni con i mobili antichi, negli anni ho trovato di tutto, persino uno scomparto segreto chiuso con il mastice da finestre, con dentro nulla! Chissà a chi dava così fastidio avere uno scomparto segreto…!
Le parti ‘aggiustate’ maldestramente con stucco a gesso sono quelle due macchie bianche, le ho rimosse semplicemente grattando via il gesso secco e poi, in una fase successiva, le ho riempite meglio con pasta di legno neutra, in modo da colorarle successivamente nella stessa tonalità del legno (per il procedimento vedi parte 2 e parte 3).
Un lato per volta, sono andata avanti a sverniciare, per fortuna senza trovare altre sorprese. Le maniglie le ho tolte solo in una fase successiva, perché erano incollate dalla vernice e in questi casi è meglio non strapparle via ma prima sverniciare. Meglio pulire e toglierle delicatamente, svitando le viti. Così i buchi restano utilizzabili per rimetterle una volta pulite e finito il lavoro.
Infine, sverniciati tutti i lati, un bel lavoro di acqua e straccio per lavarlo dalle ultime tracce di sverniciatore. Come potete notare, anni di vernice hanno resistito anche allo sverniciatore, ma il grosso del lavoro almeno è stato fatto. Sicuramente ci sono sverniciatori più aggressivi in commercio, ma non sono ecologici: preferisco fare un po’ di fatica in più ma non inquinare. La differenza, alla fine, è davvero poca e comunque avrei dato lo stesso una passata di carta vetrata dopo lo sverniciatore, quindi non è un grande impegno in più.
Seconda fase: rimessa in forma delle assi del coperchio
Già che era umido per il lavaggio e il pomeriggio volgeva al termine, ho approfittato per rimettere a forma le assi superiori, riducendo anche la fenditura che si era creata. Come vedete questo baule è bombato sulla parte alta, con una bella onda, non troppo pronunciata. Per rimettere in forma le due assi superiori che erano tornate dritte con gli anni e la mancanza di aderenza, ho usato una tecnica antica ma con metodo moderno: la piegatura del legno a vapore. Si inumidisce leggermente l’asse di legno e poi si spara da una distanza di una decina di centimetri il vapore a 120°C, piegando contemporaneamente l’asse, con l’uso di pesi, sulla dima. Nel mio caso la dima sono i sue lati del coperchio del baule. Per il vapore ho usato un classico vaporetto per le pulizie, con la lancia apposita per canalizzare il vapore solo in un punto.
Come pesi, ho utilizzato dei vecchi ferri da stiro in ferro e ghisa. Era estate, agosto se non ricordo male, e l’ho lasciato asciugare per tutta la notte. La mattina, da asciutto, aveva mantenuto bene la forma e si era ridotta la fenditura superiore, così ho provveduto a fissare le assi ai bordi con pochi chiodini a doppia punta. Questo sistema mi ha anche evitato di rimuovere completamente le assi e i chiodi originali, incastrati nel legno. Ne ho solo aggiunti alcuni invisibili per tenere ben ferme le assi del coperchio.
La guida completa:
Come restaurare un vecchio baule – Prima parte, questa pagina.
Come restaurare un vecchio baule – Seconda parte
Come restaurare un vecchio baule – Terza e ultima parte
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