La casa in cui viviamo è stata abitata per tante generazioni da contadini. Contadini e allevatori, le due cose in Italia non sono state separate fino ai periodi più recenti. Le case costruite pietra su pietra avevano spesso una stalla, che fosse sotto, di fianco o nei pressi. Ospitava gli ‘animali da traino’, come buoi, asini e muli, usati per i trasporti e per arare. E con questi, vacche, ovini e caprini.
Poi un giorno arriviamo noi, contrari a ogni sfruttamento animale, che da tanti anni viviamo cercando di pesare meno sul mondo, di non sfruttare altri animali. Ci ritroviamo con una stalla dismessa dagli anni cinquanta, delle dimensioni di un bilocale di città. Grazie agli spessi muri in pietra rimane fresca in estate e asciutta in inverno, così abbiamo pensato di riutilizzarla come legnaia. La legna la prendiamo da un vicino che ha ettari di bosco e ripiantuma con metodo naturale (non in file simmetriche e senza sottobosco) e di legna qui, come raccontavo l’anno scorso, ce ne vuole parecchia. Dopo quello che ci è successo lo scorso inverno, abbiamo deciso di giocare sull’abbondanza, tanto c’è lo spazio per tenerla. La ex-stalla, appunto.
All’inizio avevo pensato di togliere tutto ciò che era rimasto: le catene soprattutto, che mi davano brutte sensazioni. Poi ci abbiamo ripensato e abbiamo lasciato tutto com’era stato abbandonato all’epoca in cui i trattori hanno cominciato a sostituire il lavoro animale. Le catene appese ai muri da più di sessant’anni ci ricordano ogni volta che entriamo che il progresso ha portato qualche miglioramento: la scomparsa dello sfruttamento animale per i lavori nei campi, per esempio. Certo, sarebbe molto meglio se i trattori andassero a idrogeno o con forme di energia pulita, ma penso che prima o poi si arriverà anche a questo, dobbiamo continuare a camminare nella direzione giusta. A volte, da persone profondamente interessate alla salvaguardia dell’ecosistema, tendiamo a demonizzare qualsiasi forma di progresso. Questa stalla a noi ricorda invece una liberazione: è vuota. Un muro di Berlino della liberazione animale.
Le nicchie nel muro non ospitano più i lumi a petrolio, servono a me in primavera per metterci le seminiere rialzate alla luce ma al riparo da freddo e vento. Il gradino in mattoni di cotto che taglia a metà la stalla non serve più per facilitare la spalatura del letame ma per dividere la parte destinata a legnaia da quella destinata a ricovero attrezzi dell’orto e mobili in attesa di restauro (questa però è stata una pietosa illusione, come si vedrà sotto). La mangiatoia in pietra ha la forma ottimale per accatastare la legna.
Ho lasciato appeso al suo posto anche il vecchio giogo: serviva per legare due animali e costringerli a tirare l’aratro o la trebbiatrice. Oggi serve a tener fermo l’ultimo pezzo da restaurare di questa credenzina degli anni ’40.
So che alcuni convertirebbero questo giogo in lampadario o decorazione murale ma in casa nostra sarebbe l’equivalente di convertire il cappio dell’impiccato come portarotolo del bagno. Ci vuole rispetto per chi ha sofferto anche se è di un’altra specie. Il giogo resterà lì alla memoria.
Una cosa che se ne è andata è la porta, invece, già prima che arrivassimo. Era ridotta peggio di questa nella foto sopra ed è crollata. Questa sopra, invece, era di una casina per la stagionatura dei formaggi dei nostri vicini, un’altra struttura che ha perso la sua finalità da mezzo secolo. L’anno scorso l’hanno sostituita con una porta nuova e io ammetto che a questa porta stavo facendo il filo da un bel po’… da quando l’avevo vista la prima volta! Aspettavo il momento di chiedergli se potevo prenderla… finché un giorno ho visto che trafficavano per toglierla e ho chiesto… salvandola dalla stufa! In assoluta buona fede ne avevano già smontata una gemella e buttati i pezzi nella stufa! Tra le risate e incredulità sul fatto che la volessi davvero “per la casa”, me l’hanno regalata. Mi è costata, eh. Sono stata presa in giro per un inverno a suon di risate e “voglio proprio vedere cosa fai con quella porta!“.
La foto non rende molto, ma è davvero bellissima, con i cardini forgiati a mano, i chiodi artigianali e la maniglia “originale”. L’ho restaurata, riportata al colore originale e riutilizzata come attaccapanni per l’ingresso.
Questa sopra invece è la nuova porta della nostra ex-stalla-ora-legnaia fatta in mezza giornata dai nostri prodi vicini (gli stessi di cui sopra) con assi di legno, una maniglia con serratura riciclata da un’altra porta, cardini riciclati da altre due porte dismesse, viti da legno. Io gli ho dato una bella passata di cera di soia per proteggerla dalle intemperie e mi sono studiata il metodo di costruzione, che metterò in pratica prossimamente per la porta di un vano che mi manca (la prima persona singolare in questo annuncio è una licenza poetica, lo ammetto!).
Queste sono infine le immagini dei 60 quintali di legna per l’inverno che ora la occupano completamente. Il trasporto e impilamento legna nonché gli scaffali in legno che si intravedono nelle foto sono a cura della mia metà (non si vede ma fino a un metro dal muro la legna è perfettamente impilata… da far invidia a tutta la provincia di Belluno).
Noticina: per caso i muri di questa stalla vi ricordano qualcosa? Forse questo. La tipologia costruttiva e i materiali sono gli stessi.
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