Più che un paese, un borgo. Un passato importante, dogana tra il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio, mentre nell’800 d.C. era già un insediamento fortificato, con mura e torre che hanno resistito finora. Castiglioncello, frazione di Moranduccio, ha una storia di 1200 anni interrotta dall’industrializzazione che ha spopolato i piccoli paesi. Viene battuto al gioco delle necessità del ventunesimo secolo, prima con la strada statale che lo taglia fuori, poi per il mancato allacciamento dell’elettricità causa insufficienza di abitanti e infine gli ultimi residenti che nel 1962 abbandonano le case: il comune aveva iniziato la costruzione del ponte sul Santerno che li avrebbe collegati alla statale, ma in una decina di anni avevano fatto solo le spalle di appoggio di questo ponte, ancora visibili. (Il ponte non è mai crollato, come affermano alcune storiografie poco accurate: semplicemente non è mai stato ultimato, in perfetto stile italiano).
Ma questo borgo, nonostante tutto questo non aggiornarsi alla modernità che lo priva dei suoi abitanti, riesce ad affascinare poco dopo qualcun altro e verso la metà degli anni ’70 si insedia una comune. Che fosse una comune è una mia interpretazione: secondo qualche abitante del posto c’era un gruppo di giovani che vivevano con poco, ma il concetto di “comune” per molti anziani è sconosciuto. Ci sono poche tracce di questo passaggio, ho saputo della storia della comune da un vecchio contadino che ha delle vigne nei pressi. Testualmente, tolte le imprecazioni per qualcuno che nella notte era andato a saccheggiargli l’uva, ha detto che ci vivevano “quelli là, i figli dei fiori” ma che “non so cosa ci facevano lassù, non c’è niente“.
Può darsi che fosse un gruppo molto piccolo perché non ne ho trovato traccia su nessuna monografia delle comuni italiane. In ogni caso, fino agli anni ’70 qualcuno lassù c’era, anche se non regolarmente registrato in comune. Perché se ne siano andati, non l’ho scoperto. A occhio, però, così a ridosso del periodo di abbandono delle ultime case, potrebbe anche essere tornato qualche vecchio abitante a rivendicarne la proprietà. Di queste storie, quando facevo ricerche per Scappo dalla città ne ho sentite molte, purtroppo, un po’ originate dall’ingenuità dei comunardi che non si informavano bene prima di insediarsi (vedi consigli sotto) e un po’ dalla cattiveria di certi proprietari che fingono di non accorgersi di nulla fino al completo restauro della casa, per poi sfrattare gli ingenui restauratori con tanto di intervento delle forze dell’ordine.
Noi ci siamo stati più volte, arrivando sempre da Moranduccio. Dalla statale si vede bene Castiglioncello, sulla cima del suo promontorio. A lato della statale si trova subito una stradina che scende verso il fiume Santerno e che porta a un piccolo parcheggio sterrato. Il parcheggio serve in gran parte a chi va a fare il bagno nella cascata ai piedi di Castiglioncello, un angolino incantato (appena cessa la stagione dei bagni).
Di lì si può proseguire in auto solo se si usa un fuoristrada vero, con 4×4, specie se ha piovuto da poco. Ci si inerpica a piedi per la strada sterrata che sale a Castiglioncello: niente di che, una salita media per fisici normali e scarpe normali. La foto è del primo tratto di strada, il più largo, poi la pendenza aumenta e la carreggiata si stringe fino a diventare un sentiero.
Salendo il panorama diventa spettacolare. Prima le poche case di Moranduccio, separate dalla valle scavata dal fiume Santerno e pi, man mano che si sale, si apre una vista spettacolare sull’Appennino Tosco-Emiliano in tutta la sua bellezza. (Mi scuso per la qualità delle foto ma in previsione di arrampicarci tra i calcinacci delle case abbiamo portato solo una compatta)
Arrivati in cima, dovete cercare il varco: non sempre è aperto, dipende dalla vegetazione e se c’è passato qualcuno di recente. Si deve cercare un sentierino stretto che passa accanto alle mura. Per qualche metro ha uno strapiombo a lato ma facendo attenzione non è nulla di particolarmente pericoloso (a patto che non soffriate di vertigini). Ovviamente ci sono altre vie di accesso, sopravvive anche la porta principale a nord, ma la vegetazione ha formato un muro di rovi che rende più sicuro e facile entrare per questo passaggio.
Arrivando, ci si rende subito conto che è un posto che ha molto di particolare, non solo dal punto di vista architettonico. C’è un’atmosfera di pace da respirare, al contrario di altri paesi abbandonati che ho visitato.Non ha l’atmosfera cupa e da brivido leggero quando senti cigolare un cardine. Qui sembra tutto molto pacifico e oserei dire che ci sia un’energia vibrante, ma rischierei di andare fuori dal discorso. Castiglioncello è stato un luogo con una spiritualità particolare, che in passato è stato attraversato da diversi credo e da artisti, filosofi, viaggiatori di pensiero. Goethe fece questa strada in “Viaggio in Italia“, scrivendo meraviglie degli Appennini tra Bologna e Firenze. Nel paese sopravvivono ancora almeno due chiese e per un gruppo così piccolo di case sono veramente una rarità.
L’edificio della dogana è quello meglio conservato e sono ancora disponibili le planimetrie (con cortesia dell’Agenzia delle Dogane). Si tratta di un edificio a tre piani risalente al 1700 circa e con il tetto in parte non crollato. I muri sono intatti, la scalinata è ben conservata. Come casa primaria, sul modello di Casa Sarti dagli Elfi (vedi sotto) potrebbe funzionare bene e sarebbe anche un ricovero adeguato per i primi tempi. Le case sono quasi tutte a due piani, organizzate secondo la tipologia classica cinquecento-seicentesca di queste zone: al piano terra la stalla e al piano di sopra l’abitazione familiare. Molti dei pavimenti delle stalle e delle case sono in tavelle di mattoni pieni messi trasversalmente (l’antico “cotto”). Questo tipo di pavimentazione una volta pulito può essere tenuto così (ha una manutenzione molto bassa) o trattato con resine per lucidarlo… ma farebbe abbastanza ridere nel contesto di un ecovillaggio… molto chic il suo pavimento, signora comunarda!
La zona è ancora in parte fortificata, gli spazi per gli orti devono essere reperiti per forza oltre le mura, il che però può essere comodo per gestire un’irrigazione in grande stile. Essendo in cima a un promontorio, è esposto su tutti i lati e ha luce per tutto il giorno, non viene ombreggiato da altre montagne della valle. Il terreno è argilloso, trattiene molto bene l’acqua e c’è un versante che sembra proprio adatto per le viti. Il paese è circondato da castagneti, le castagne qui erano “il pane dell’Appennino”. Ci sono anche querce, la farina di ghiande si può ottenere facilmente con un mulino domestico manuale, si macinano più facilmente del grano e non hanno bisogno di essere coltivate.
Vantaggi del riabitare qui:
- E’ un posto magnifico.
- Non è distante da altri ecovillaggi grandi dove fare esperienza, chiedere aiuto, fare rete. (Se siete vegetariani contate però che gli altri ecovillaggi in zona sono onnivori, ufficialmente. Alcuni praticano la pastorizia. La tolleranza da entrambe le parti è necessaria.)
- Le case hanno muri molto spessi, in pietra, in ottime condizioni.
- Pietre per riparazioni sono disponibili già sul posto.
- Ci sono lavatoi esterni in pietra, forse quindi anche delle condutture dell’acqua solo da ripristinare.
- Da qualche parte c’è una sorgente, si nota dalla vegetazione e forse è ancora utilizzabile uno dei pozzi presenti. Il Santerno passa sotto a valle e riceve acqua anche tramite cascatelle da queste rocce, quindi l’acqua c’è.
- Una volta sistemati i tetti, con dei pannelli fotovoltaici o anche solo dei solari ci si garantisce quel poco di elettricità che serve (mica si va quassù per passare la giornata su facebook, no?). L’esposizione è perfetta.
- Apparentemente non sono mai stati fatti impianti elettrici, così fare un impianto fotovoltaico o solare con canaline esterne è piuttosto semplice e non bisogna industriarsi con reperti di fili monocolore incanalati nei muri in pietra (noi ne sappiamo qualcosa… sono lavori che possono durare settimane e far spazientire l’enigmista più dotato!). Negli anni ’60 qui c’erano ancora molte case senza elettricità, anche in paesi più accessibili.
- I cellulari prendono. Tim ha una buona copertura, Vodafone discreta.
- Ci sono dei bellissimi camini e forni a legna, alcuni con canne fumarie intatte, ad alcuni a cui bisogna solo rifare la cappa in muratura.
Svantaggi del riabitare qui:
- La salita per arrivare al villaggio si può percorrere con un fuoristrada o un pickup fino quasi alle case. Con macchine normali e furgoni no. La strada di accesso va ripristinata, è coperta di vegetazione e al momento si riesce a passare solo da un’altra parte.
- La maggioranza dei tetti sono crollati del tutto, una piccola parte ha una porzione parziale di tetto coperto ma comunque pericolante. La quantità di travi di legno delle strutture originarie permetterebbe di tirarne fuori abbastanza per ripristinare 3-4 tetti di case senza portare legname da valle. Si può comunque dare un’occhiata alla vegetazione attorno, di legname ce n’è.
- Dimenticatevi adsl e telefono fisso, qui la Telecom non è mai arrivata.
- E’ un posto del tutto inadatto a chi soffre di vertigini.
- Non è un posto adatto a chi arriva da un appartamento cittadino. Anche se si hanno le migliori intenzioni, c’è troppo da imparare e sapere per sopravvivere nell’inverno sull’appennino, soprattutto. Consiglio prima (vedi sotto) di trascorrere qualche tempo in uno degli ecovillaggi indicati.
Consigli su luoghi con difficoltà, strutture, vegetazione e clima simile:
Potrebbe essere interessante, dopo averlo visto, trascorrere un breve periodo in uno di questi due villaggi. Secondo me i più simili per clima, vegetazione e possibilità di riabitazione nonché tipologia di case sono:
Ecovillaggio Campanara Via Campanara 1 – 55035 – Palazzolo sul Senio – Firenze (FI) Tel. 335 7104642 juliehelene@libero.it
Ecovillaggio degli Elfi – Gran Burrone – Selina Gaia Di Gioia, via Posola 78, 51020 Sambuca Pistoiese, PT
(Questo è solo l’indirizzo postale, potete scrivergli oppure andare di persona ma verificando il periodo migliore con loro). Negli anni ’70 hanno riabitato un paese simile, sistemato case e ora sono circa 200 persone divise in varie strutture, con parecchi ettari coltivati e raccolta nei boschi circostanti. Hanno pozzi artesiani scavati da soli, pannelli fotovoltaici (sono arrivati più di recente) e un’organizzazione accettata anche da istituzioni locali che li considerano un valore per la tutela del territorio. Mi sembra l’esperienza più vicina a quella che potrebbe sorgere a Castiglioncello.
Consigli generali sul riabitare paesi abbandonati
I consigli sarebbero tantissimi, ma molti variano a seconda del posto che si riabita. Questi sotto sono una selezione, quelli che solito vengono sottovalutati e portano a risultati disastrosi.
- Informatevi al catasto sulla proprietà. Richiedete una visura catastale. Dovete andare di persona perché queste case non hanno indirizzo e non si può chiedere online una visura per un intero paese, anche se piccolo.
- Accertata la proprietà, qualcuno potrebbe essere disponibile sia a un affitto minimo (non c’è molta concorrenza come potete immaginare…) sia a contratti di cessione gratuita decennali o ventennali in cambio dei lavori che farete nella casa per risanarla. Sono contratti che vanno fatti in forma scritta e depositati all’Agenzia delle Entrate, non serve il notaio o un mediatore immobiliare. Il costo è quello della marca da bollo.
- Non fidatevi delle informazioni orali in comune o nel vicinato. Prendere per buono “Non si sa più di chi sono le case” e “Sono tutti morti, vai a sapere” è di solito l’anticamera di lotte burocratiche di anni, sgomberi ecc.
- Non fate sogni sull’usucapione. La legge è cambiata e in ogni caso l’idea di stare appesi alla paura di essere buttati fuori per vent’anni non è un bel presupposto per vivere sereni.
- Lasciate stare le chiese. Le chiese si sa sempre di chi sono e finché sono ruderi le ignorano, se le sistemate potrebbero chiedervi di tutto, da un affitto allo sgombero e persino i danni per i lavori eseguiti non a regola d’arte.
- Predisponete una piazza grande sempre ben pulita e agibile. Serve sia per ritrovarsi che per, importantissimo, l’elisoccorso. Lo so che il sogno della vita nella natura a volte fa accantonare queste cose ma chi vive già queste esperienze sa quanto possa essere importante un trasporto veloce, dall’ostetrica che deve arrivare d’urgenza fino all’intossicazione da funghi (no, non avrete nel frattempo l’erba magica che fa da antidoto, cerchiamo di essere realisti 😉 ), fino a un trauma da caduta che rende impossibile un altro tipo di trasporto. L’elisoccorso è andato diverse volte anche nell’ecovillaggio degli Elfi, indicato sopra.
- Iniziate sempre un nuovo progetto abitativo di questo genere in primavera: avrete tempo per riparare tetti, fare legna (nel senso di comprarla perché quella che farete appena arrivati è verde e si usa l’anno successivo) e scorte per l’inverno, avere un rifugio caldo e confortevole, conoscere bene il territorio. In alternativa è un disastro annunciato e purtroppo, come molti, dovrete mollare per freddo e fame.
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