Abbiamo cominciato a fare i percorsi del Parco Naturale del Contrafforte Pliocenico. Capita che il nostro interesse a volte ci porti a voler percorrere tutti i sentieri di un posto in particolare, sondando tutte le possibilità in cui ci si può procurare una dose solenne di mal di piedi e un principio di disidratazione.
In realtà volevamo solo ricominciare con il trekking, abbandonato per un po’ di tempo, e offrirci un percorso leggero e tutto relax. Ma se un percorso di soli sette chilometri si rivela un’escursione di una cinquantina e siete anche fuori allenamento, la faccenda si complica. Come dicevo, volevamo ricominciare con un’uscita leggera, una passeggiatina da nulla visto che 5-6 chilometri li facciamo tutte le sere dopo cena, appena il bosco permette un’uscita senza insolazione ma vedendoci ancora (il bello di vivere senza lampioni!). Così ieri, primo giorno di simil-vacanza (rallentiamo solo un po’, le vacanze per noi arriveranno in inverno) siamo usciti alle dieci passate, che tanto 7 chilometri li facciamo in un’ora fermandoci anche per le foto. Scarpetta leggera, zainetto con solo due banane e 1 litro di acqua. Illusi.
Il percorso segnalato come “7,5 chilometri attorno a Monte Rosso” ha forse una virgola di troppo. O forse, arrivati all’inizio, nella foto sopra, invece di scegliere la strada sterrata dovevamo svoltare sull’asfalto fronteggiando la casa, bussare, chiedere di attraversarla, attraversare poi un paio di campi di grano e infine risbucare a Livergnano, così erano più o meno 7 chilometri. O forse ci siamo persi noi, ma ormai siamo abituati al modo estremamente approssimativo con cui vengono segnalati gli inizio percorso.
Avete mai notato? Trovare dove inizia il percorso prende sempre più tempo che farlo e di solito le indicazioni sono del genere “nel piccolo paese, passata la casa bianca, c’è una stradina che sale verso la malga Piripì che incontrerete dopo 10 chilometri…“. Tu arrivi nel piccolo paese e scopri che fa diecimila abitanti con tremila costruzioni di cui la metà bianche, ma quella che serve a te per trovare l’inizio del percorso è stata dipinta di rosso l’anno scorso. Un grande classico delle indicazioni escursionistiche in Italia, insomma, non dico nulla di nuovo.
Ma saltando questo piccolo dettaglio, il percorso attorno a Monte Rosso o “anello di Livergnano” è una meraviglia e il Parco Naturale del Contrafforte Pliocenico è un’oasi ben tenuta, facile da girare e con un’abbondanza di segnaletica.
Lasciato il piccolo centro di Livergnano, con le sue quattro casette colorate scavate nella pietra, si percorre il sentiero sterrato che circonda le pendici di Monte Rosso, passando per antiche costruzioni rurali ancora in uso, caprette incuriosite e magici scorci che si compaiono improvvisamente tra gli alberi. Per la posizione, con la parte di Appennino più alto alle spalle, sembra sempre di essere in cima al mondo mentre si è a soli 400 mt.
Poco dopo si staglia decisa davanti la parte verdeggiante della Rocca di Badolo e si prosegue per una strada sterrata con poche salite fino in località Bortignano. In queste zone fino agli anni ’40 c’erano monasteri, chiese e castelli da visitare, purtroppo andati persi durante la seconda guerra mondiale che in questo pezzo meraviglioso di mondo ha lasciato la distruzione della linea gotica.
I panorami sono mozzafiato e ci si perde più volte nella vista della piana sottostante. I cartelli del CAI abbondano, teoricamente sarebbe possibile girare senza cartina ma… evitiamo! Qui si intersecano così tanti sentieri e alte vie che diventa fin troppo facile trovarsi su un altro percorso, tipo l’Alta Via dei Parchi che scende nel versante toscano.
Proseguendo verso Casola si alternano boschi fitti e radure sempre diverse, da prati verdeggianti a zone sabbiose.
Con un passo lento, ci si può fermare ad osservare tutto il fremente lavoro degli insetti, con i loro colori sgargianti o le mirabolanti architetture di qualche ragno, svelate da un po’ di rugiada.
E qualche farfalla che pare mettersi in posa e attendere impaziente lo scatto. Tutto attorno è tranquillo, silenzioso, declinato al sereno.
A tratti, si affacciano le rocce del contrafforte pliocenico, le guardi da lontano e dopo qualche chilometro le osservi sopra la testa, con la loro maestosità imperturbabile e i colori dorati.
Mi lascio incantare dai piccoli dettagli del bosco, che raccontano storie passate: una vite appesantita dall’uva quasi matura, sarà ciò che rimane di un antico vigneto o una talea casuale arrivata con il vento? Questo ginepro qualcuno lo raccoglierà? E la meraviglia delle rocambolesche contorsioni delle radici dei castagni per aggrapparsi alla terra franata, non potati, non addomesticati ma liberi di decidere dove ancorarsi, quanto allargarsi, che forme assumere.
Persino quella che può sembrare una delle tante betulle nascosta un po’ tra le fronde, fermandosi un attimo svela la presenza di un piccolo condominio: probabilmente di un picchio rosso maggiore.
Dopo Casola ci si può inoltrare ulteriormente per i sentieri solo da marzo a ottobre, in altri periodi sono chiusi per non disturbare la nidificazione. Da qui in poi il percorso è un po’ più ostico, con piccoli sentieri, spesso su scarpatine o piccoli crepacci (niente foto, non volevo veder rotolare la macchina ai piedi di un cinghiale), ma comunque percorribile senza grandi accorgimenti. Qualche salita ci ha messo un po’ alla prova ma davvero niente di eccessivo.
Si sbuca poi improvvisamente dal bosco su campi di grano, l’oro-arancio della mietitura appena passata, il verde dell’Appennino e il cielo grande che ci fa restare quassù. Un po’ di sterrati costeggiando i campi e qualche metro sulla Futa, siamo tornati al punto di partenza.
Letto ciò, qualcuno si chiederà: ma ti hanno assunta all’ente del turismo locale? No, amo moltissimo questi posti, tanto che ho scelto di viverci. E’ un post scritto solo per condividere un po’ di questa bellezza, che non è strombazzata come i soggiorni all inclusive a Sharm El Sheik o il last minute alle Canarie. O ancora peggio le super inquinanti crociere.
L’Italia è meravigliosa, a pochi passi da chiunque c’è qualcosa di bello e un po’ di natura in cui immergersi. Perché stare rinchiusi in un appartamento o pucciarsi in una piscina piena di cloro e urina altrui, quando si può avere questo?
Io non sono in ferie ma mi godo qualche giorno qui e là, gironzolando a costo zero. Il downshifting, volendo, è anche questo. Non è spendere meno per fare le vacanze, infilandosi in un condominio galleggiante. E’ vivere meglio, anche in vacanza. In molti posti stupendi come quello sopra ci si arriva con i mezzi pubblici, spesso con il treno, a costi molto contenuti e godendo di una pace e una natura che mettono una mano gentile sull’anima di tutti quelli che le sanno apprezzare.
4 Commenti
Non conoscevo questo parco e a dire il vero conosco poco la zona degli appennini bolognesi… adoro però camminare nella natura, fare trekking (ora accompagnata dalle bimbe) e mi terrò a mente i tuoi consigli nel caso passassimo in zona. Mi sento in piena sintonia con te sul concetto di vacanza… noi ci concediamo solitamente un paio di settimane in montagna in luglio (nella casa di mia madre) e poi ci dedichiamo all’esplorazione dei dintorni che regalano spesso delle belle sorprese.
Buona fine estate!
Ciao Daria, sicuramente se ti piace camminare è una zona meravigliosa e anche con molti percorsi adatti ai bambini. Se ti capita di passare… fammi un fischio! Buona fine estate anche a te!
Ciao Erba, che bel post. Mi chiedevo dove fossi, in questa stramba estate, e sono felice di sentire che, come noi, ve ne state nei vostri luoghi e aspettate che la fiumana turistica sbollisca per farvi un giro altrove.
Questo post è veramente emblematico di due cose, secondo me: la prima è quanto è facile trovare posti fantastici a un passo (nemmeno due) da casa e quanto sia economico e totalmente a costo zero fare delle vacanze bellissime, che per me equivale a vivere delle esperienze speciali. La “fatica” del camminare è una benedizione per chi, come noi, fa una vita estremamente sedentaria per lavoro!
La seconda riflessione che mi innesca è come il turismo italiano dovrebbe imparare da questa semplicità e bellezza: sono stata nelle Marche pochi giorni, a trovare i miei in vacanza lì, e sono rimasta basita dallo squallore dei servizi al mare (nonché del mare in sé), ma anche dalla bellezza non sfruttata dell’entroterra. Persino mia madre, che non è una camminatrice, mi ha confessato che ogni posto, lì, le sembrava “inaccessibile” e che invece avrebbe voluto tanto fare quattro passi lungo qualche sentiero sui colli…
Gli unici divertimenti a disposizione erano discoteche anni ’90, risciò antelucani e locali dove bere pessimi mojito con pessima musica e pessima gente, tutte cose che abbiamo fortunatamente osservato da lontano. Una regione come le Marche è destinata all’estinzione del proprio turismo se non imparerà a fare leva sul silenzio, sulla spettacolarità naturale di certi luoghi, sull’accessibilità. Pro loco senza cartine turistiche, sentieri indicati e poi franati e impraticabili a metà strada, un’assurda interdizione da qualsiasi luogo pubblico (parchi, spiagge, musei, zone cittadine) ai cani anche con museruola e guinzaglio, insomma… un posto dove non tornare.
Stare qui, tra i colli asolani (o tra i colli emiliani, a seconda) è una ricchezza fatta di strade battute e viottoli da scoprire, silenzi e solitudini deliziose, animali che ti attraversano il cammino e piante di ogni tipo. Scorci, stelle cadenti, aria fresca. E non c’è coda, non c’è biglietto di ingresso, non c’è parcheggio da trovare, non c’è musica demodè.
Mi fa piacere che, anche a distanza, riscopriamo le stesse priorità e le stesse buone abitudini.
Sperando che sempre più persone cerchino questa dimensione, e un po’ meno quella del mare affollato e anestetizzante.
Ciao Valentina, hai colto esattamente lo spirito! Ma sappi che anche qui non è tutto così organizzato: gli enti parco e la comunità montana lavorano bene, poi ci sono i paesi e le proloco che disfano tutto e ambiscono, non si sa bene perché, al turismo mordi-e-fuggi che va al massimo al bar a comprare un ghiacciolo. Pensa che qui ci sono paesi che spendono 20mila euro per una serata con il secondo classificato dell’anno nello show “Amici di Maria” (giuro!) e poi non hanno i soldi per mettere in giro una cartina o una pubblicità degli itinerari o uno sputo di opuscolo dei sentieri. Però vuoi mettere… una seratona per adolescenti tv-dipendenti…
Però possiamo essere insurrezionali noi, ignorare queste trovate da ricovero anni ’80 e andarcene a piedi per i monti, liberi. 🙂