Dopo anni di studi, tomi letti e volumi scritti, zappa consumata e zappa messa a far ragnatele, teorie, metodi, tecniche, consociazioni e insurrezioni, mi concedo una stagione di vera insurrezione, questa volta mentale. E’ anarchia e tripolarismo.
Allora quest’anno sono dissociata e sarò l’orrore di qualsiasi coltivatore sinergico filologicamente corretto o anziano che la sa più lunga di tutti. Quest’anno ho quattro orti.
Uno è quello che abbiamo tutti: si chiama natura e campagna libera, basta andare a raccogliere. Ciò che cresce con l’humus naturale del bosco è di ineguagliabile sapore e magnifica ricchezza vitaminica.
Il mio secondo orto l’ho chiamato “l’orto pettinato“. Nella foto qui sotto vedete una parte di orto pettinato che dà verso la strada e riscuote i successi presso gli anziani che passeggiano e si fermano a dare opinioni su tutto, dai lavori in corso a come hai seminato la lattuga. Potrei ignorarli, ma il mio studio è stategicamente sopra, a vista orto. Così raccolgo opinioni più che la cassetta suggerimenti dell’ausl.
Finora ho sentito che il sedano è indietro (mh… solo il sedano?! E’ tutto indietro, signora mia, non esistono più le mezze stagioni, ha visto che primavera che sembra autunno?), i pomodori sono al posto giusto rispetto al sole, le biete sono un po’ troppo fitte e c’è una discussione in corso sui fagiolini: chi li ritiene rampicanti e quindi poi farò fatica a mettere la rete lì, chi li ritiene non rampicanti e quindi niente rete. I fagioli e i piselli sono unanimemente al posto sbagliato (sempre rispetto al sole, nella vecchia scuola le consociazioni non esistono), mentre i rapanelli sono “troppi”. Come se loro sapessero quanti rapanelli mangiamo noi! (Tanti!)
Visto che dovrebbe aver smesso di piovere, questa settimana aggiungerò anche la paglia, dopo di che starò in ascolto per sentire i commenti. In linea di massima però sembra aver superato a pieni voti l’esame “orto ordinato” e io l’ho promosso “orto pettinato”. Erano anni che non facevamo le prose verdura per verdura senza friggerci il cervello di consociazioni e piantagioni di vetiver e inclinazioni e cippirimerli… ci stiamo anche divertendo! E’ liberatorio!
Esiste però l’anima dissidente che permane nell’orto spettinato. In quest’orto distante da sguardi curiosi convivono “malerbe” e semine bizzarre, auto-fertilizzazione del terreno, piante che vanno a seme perché noi i semi cerchiamo di conservarceli tutti anche se non facciamo parte di fighissimi circuiti a tesseramento obbligatorio per lo scambio di semi a pagamento. Questi sotto, in un tripudio di giallo tarassaco attorno, sono i cavoli invernali che vanno a seme. Spero si sbrighino perché ci sarebbe già da seminarli… ma per il prossimo mese dovrei avercela fatta!
Le verze non sono da meno. Quest’inverno abbiamo avuto verze burrose e delicatissime, cavolfiori teneri teneri… i semi vengano a me che voglio di nuovo gli stessi risultati!
I cavolfiori non penso faranno in tempo, occhieggiano incerti ma tutta questa pioggia li ha sfiancati. Fortunatamente, qualche seme dallo scorso anno è rimasto e una delle mie verdure invernali preferite è salva!
La soddisfazione maggiore sono però, come sempre, le cicorie. Seminate la scorsa estate, sono andate avanti a dare ottime insalate multicolori fino all’arrivo della neve e appena è riapparso un po’ di sole, hanno ripreso con nuove esuberanti crescite.
All’occhio abituato all’orto pettinato, questa sistemazione parrà uno spreco, perché secondo la vecchia scuola le ‘malerbe’ sottraggono nutrimento alle orticole. Niente di più sbagliato. Le ‘erbacce’ sono quasi tutte commestibili e anche molto buone. I radicchi qui sono accompagnati da tarassaco, cicorini, lattughini, stellaria e trifoglio. Per le nostre insalate sono ideali!
Grazie all’ottima fertilizzazione autogestita dal terreno e dai suoi microrganismi, sono risorte anche le cicorie pan di zucchero. Quelle insalate giganti e troppo cresciute che si trovano sui banchi del supermercato con il nome di ‘cavolo cinese’ o, appunto, ‘pan di zucchero’. Con la differenza che quelle del supermercato, coriacee e giganti, sono amarissime. Queste invece, ed è un ottimo motivo per coltivarsele in proprio, sono dolcissime e si meritano in pieno il nome di pan di zucchero.
Il quarto orto? Quello sul balcone, ma ve ne parlo prossimamente! Ma, se siete impazienti, qui c’è il tavolo da orto sul balcone del giugno scorso. ,
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