Nelle Lande Lomelline l’attività ferve per ricevere l’imminente visita di Benedetto XVI. A quanto pare, ferve anche una pellicceria, a cui la sartoria vaticana HA CHIESTO UNA PELLICCIA DI ERMELLINO PER ORNARE LA SUA MANTELLINA, la richiesta è stata indirizzata all’atelier di Riccardo Ravizza “Annabella”, la pellicceria più grande di Pavia.
Il comunicato della LAV del 13/04/2007 chiede cortesemente al Santo Padre di rinunciare a questa richiesta. Il comunicato per intero è riportato sotto.
Io invece ho un’altra semplice domanda: Sua Santità non può fare a meno di trucidare 20 ermellini per la sua personale vanità perché vuole dare una dimostrazione dello spogliarsi dei beni terreni come predica? Così, tanto per sapere.
Cos’ha, sig. Santo Padre, la sua pelliccia attuale che non va? L’ha indossata così tanto che si è consumata? Non si intona più alle scarpettine Prada che si è fatto confezionare su misura? O non si intona perfettamente con quel ridicolo cappello da Babbo Natale che ha rispolverato dal Medio Evo (e non per modo di dire!) ?
Insomma, ci renda partecipi del perché le serve una nuova pelliccia di Annabella, perché è così indispensabile squartare 20 ermellini per bordare la sua sacra mantellina.
Comunicato stampa LAV 13 aprile 2007
PAPA BENEDETTO XVI A PAVIA (22 APRILE): LA LAV CHIEDE AL SANTO PADRE DI RINUNCIARE ALLA PELLICCIA RICHIESTA ALL’ATELIER RAVIZZA.
In occasione dell’evento che si terrà il 22 aprile presso l’Università di Pavia, durante il quale Papa Benedetto XVI benedirà l’Ateneo, la LAV chiede al Pontefice di rinunciare a indossare la pelliccia di ermellino, richiesta dalla sartoria vaticana all’atelier di Riccardo Ravizza “Annabella”, che dovrebbe ornare la mantellina del Santo Padre.
“Nel rispetto della sacralità della vita di ogni specie vivente, invitiamo il Santo Padre a compiere una scelta di alto valore religioso ed etico rinunciando in questa occasione, e per il futuro, a indossare capi realizzati in pelliccia – dichiara Roberto Bennati, vicepresidente della LAV – Sarebbe un lodevole esempio di carità cristiana, tanto più significativo in quanto compiuto dalla massima autorità ecclesiastica. Ricordiamo che Giovanni Paolo II, parlando del “soffio divino” presente anche negli animali e non soltanto nell’uomo, aveva ridato a queste creature valore e dignità.”
L’abitudine di ornare vesti e capi con rifiniture in pelliccia andrebbe abbandonata per molteplici ragioni: sotto l’aspetto religioso è una contraddizione perché rappresenta una sorta di complicità nel condannare a morte degli esseri viventi arbitrariamente definiti “da pelliccia” perché catturati e allevati a questo scopo ma senza alcuna reale necessità, uccisi e scuoiati in maniera brutale; in termini pratici, poi, esistono valide alternative che non comportano l’uccisione di animali. Inoltre, la consapevolezza di quanto sia deplorevole indossare una pelliccia, ha indotto la maggioranza dell’opinione pubblica nazionale e internazionale a rinunciarvi: anche la Chiesa dovrebbe prendere atto di questa positiva maturazione dei costumi sociali e adeguare le proprie scelte sartoriali. Tale scelta segnerebbe un netto avvicinamento alle problematiche di tutela e di rispetto dell’ambiente, che interessano e preoccupano l’intera popolazione mondiale: inquinamento, deforestazione, cambiamenti climatici, caccia, bracconaggio, ecc. stanno già compromettendo molte specie viventi, ucciderne atre per vanità è davvero riprovevole.
Nel 2006 sono stati uccisi almeno 500 milioni di animali – tra ermellini, visoni, volpi, foche, conigli, procioni, ecc. – per produrre pellicce (dato mondiale). Occorrono dai 180 ai 240 animali per realizzare una sola pelliccia di ermellino, un piccolo mammifero che in natura si trova comunemente tra i 1000 e i 3000 metri di quota, dove predilige i boschi radi, i bordi dei laghi e dei ruscelli; in alta quota lo si trova spesso nelle pietraie. E’ diffuso in Europa, a eccezione delle regioni mediterranee, in Asia, in Groenlandia, in Canada e nel Nord degli Stati Uniti.
I metodi di uccisione degli animali “da pelliccia” sono davvero crudeli: dalla camera a gas, alla rottura delle ossa cervicali, dalla corrente elettrica al colpo sul muso e sulla nuca. Questi animali sono oggetto di una caccia spietata e di sistemi di allevamento intensivi dove sono segregati in gabbie strette, con il fondo in rete metallica che gli lacera le zampe, senza ripari dal sole e dal gelo. Inoltre, lo stress dell’isolamento forzato in gabbie ridottissime spesso provoca fenomeni di aggressività verso i propri simili e automutilazioni.
13 aprile 2007
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